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di Luca Cifoni

Calo delle nascite per la crisi? No, il guaio è stato fatto nei dorati anni 80

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Giovedì 17 Maggio 2018, 13:16 - Ultimo aggiornamento: 20:38
Perché in Italia le nascite sono in calo da 9 anni? All'apparenza, l'evoluzione temporale della crisi della natalità conferma in pieno in pieno le tesi di chi la mette in relazione con la recessione economica: se dal picco dei 577 mila bambini del 2008 siamo scesi a 464 mila nel 2017 vuol dire che i potenziali genitori sono spaventati dalle prospettive del Paese e/o scoraggiati dalla propria personale situazione finanziaria. Naturalmente è plausibile che questi fattori siano soggettivamente rilevanti anche per un buon numero di persone; ma spingersi a stabilire una precisa e totale relazione di causa-effetto è abbastanza azzardato.

Il perché lo spiega l'Istat nel Rapporto annuale 2018. Con una simulazione, l'istituto di statistica analizza il calo osservato tra il 2008 e il 2016 (circa 100 mila nati in meno) per scomporne l'origine distinguendo tra riduzione della propensione ad avere figli e assottigliamento delle madri potenziali, ovvero le donne tra i 15 e i 49 anni. Viene applicata alla popolazione 2016 la propensione rilevata nel 2008 in base ai tassi di fecondità specifici per età. In altre parole ci si chiede cosa accadrebbe se le possibili mamme di quell'anno avessero deciso di avere figli nella stessa misura in cui lo avevano fatto quelle di otto anni prima.

Il risultato è che i nati in meno sarebbero comunque 74 mila, quindi circa i tre quarti di quelli effettivi. Insomma, la voglia di avere figli incide solo per un quarto mentre per il resto il fenomeno è spiegato dal fatto che ci sono meno donne in età fertile, perché stanno invecchiando le protagoniste del baby boom degli anni Sessanta e le più giovani sono ben lontane dal rimpiazzarle numericamente. L'Istat fa notare come al primo gennaio 2017 le residenti in Italia tra 15 e 29 anni fossero poco più della metà di quelle tra 30 e 49. E questo dipende da quanto avvenuto tra il 1976 e il 1995, quando la fecondità è scesa progressivamente fino a toccare il minimo storico di 1.19 figli per donna. Poche bambine allora, poche mamme oggi. Anche il contributo delle immigrate alla natalità, importante a partire dalla metà degli anni Novanta, si sta affievolendo pur restando forte, perché le stesse straniere invecchiano e i flussi si sono un po' ridotti.

Dunque l'attuale declino della natalità non dipende se non in piccola parte dalla recessione recente e deriva piuttosto da quanto avvenuto in quell'ormai lontano periodo storico, tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima dei Novanta. Per inciso, un periodo descritto quasi come l'età dell'oro da molti di quelli che attribuiscono ai vincoli europei e all'ingresso nell'euro i recenti problemi dell'economia italiana. In realtà, tutto ciò sembra dimostrare piuttosto che la voglia di aver figli è influenzata dalle trasformazioni sociali di lungo periodo più che dalla situazione economica immediata dei potenziali genitori, anche se questa ha naturalmente un peso. Se davvero le cose stanno così, non è una buona notizia: vuol dire le eventuali e auspicabili politiche familiari basate su sostegno finanziario e miglioramento dei servizi dovranno essere molto ma molto incisive per poter contrastare in qualche modo la pesante eredità demografica del passato.
 
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