Lamborghini, Rolex e conti correnti: sequestrato il tesoretto del commercialista romano Apolloni

Lamborghini, Rolex e conti correnti: sequestrato il tesoretto del commercialista romano Apolloni
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Mercoledì 16 Maggio 2018, 18:44 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 19:50
Auto di lusso, orologi preziosi, conti bancari, case e terreni. E’ il tesoretto sequestrato dagli uomini della guardia di finanza a casa del commercialista romano Gian Luca Apolloni, già coinvolto nel caso dei “Panama Papers”. Nel dettaglio, l’elenco dei beni posti sotto sequestro comprende: una Lamborghini Huracan e altre quattro auto, tutte di grossa cilindrata, 18 orologi di lusso marca Rolex, Patek Philippe e Audermas Piguet (valore superiore ai 400 mila euro), più di 100 conti correnti, 21 immobili e 10 terreni agricoli.

SOCIETA’ OFF SHORE
Apolloni è stato arrestato ieri nell’ambito di un’inchiesta del pm di Milano Stefano Civardi: è accusato di «indebita compensazione», reato fiscale previsto dal decreto legislativo 74 del 2000. Apolloni era finito nella lista dei primi 100 nomi italiani coinvolti nello scandalo Panama Papers secondo l’elenco pubblicato dall’Espresso, settimanale scelto in Italia dal consorzio internazionale che ha pubblicato la lista. Nel profilo dei Panama Papers, Apolloni veniva indicato come intestatario di società off shore con sede anche nelle Bahamas e nelle Isole Vergini Britanniche, oltre che come rappresentante a Roma dello studio Mossack Fonseca finito al centro del caso dei Panama papers. Apolloni, tra l’altro, è già finito in carcere nel 2013 in un’inchiesta della procura di Bologna in cui è stato ritenuto dagli inquirenti «un profondo conoscitore dei sistemi di traghettamento di capitali e società verso Panama».

BONIFICO DA 375 MILA EURO
In particolare, gli accertamenti della gdf hanno fatto emergere un aggravamento del dissesto di una delle società fallite, risultata debitrice verso l’Erario per circa 9 milioni di euro «integralmente e indebitamente compensati tramite l’impiego di fittizi crediti d’imposta».
Il commercialista romano, rileva la finanza, «ideatore del sistema fraudolento e destinatario della misura cautelare in carcere, ha ricevuto, come prezzo della prestazione illecita l’accredito, sul conto corrente del proprio studio di consulente del lavoro, di bonifici ordinati dal conto aziendale» della società fallita «per un importo complessivo di 375.000 euro, di cui una parte, circa 137 mila euro, impiegata in un investimento finanziario consistente nell’acquisto di titoli californiani “first american”». Da qui l’accusa di autoriciclaggio. Il modello di evasione «ideato dal professionista - secondo le fiamme gialle - è stato successivamente proposto ad una molteplicità di imprese (oltre venti) con sede a Napoli, Roma, Prato e Treviso che hanno solo formalmente compensato la propria posizione debitoria nei confronti del fisco per circa 40 milioni di euro, utilizzando crediti di imposta assolutamente inesistenti».
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