Lampi
di Riccardo De Palo

Un alieno ad Aosta: il ritorno di Rocco Schiavone, l'investigatore trasteverino

Marco Giallini nel ruolo di Rocco Schiavone
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Lunedì 14 Maggio 2018, 14:47 - Ultimo aggiornamento: 15:05
Rocco Schiavone è il contraltare ribelle e scorretto del commissario Montalbano; e grazie anche alla serie splendidamente interpretata da Marco Giallini, il vicequestore di Aosta comincia a competere ad armi (e risultati) pari con l'inquieto poliziotto di Vigàta. Il personaggio creato da Antonio Manzini non indulge nei piaceri della tavola, come l'investigatore di Camilleri, che grazie alla scorbutica Adelina dispone sempre di piatti di pasta ncasciata; preferisce piuttosto fumarsi qualche spinello, la sua «preghiera laica del mattino».

Nel bestiario infinito dei detective italiani, Schiavone è di certo il più anarchico, il più cinico (e anche il più controverso, per la Polizia di Stato). Sradicato dalla sua Trastevere, a causa di colpe inconfessabili, si aggira spavaldamente sulla neve con le Clarks, e affronta ogni evento classificandolo in base a una sua personalissima scala di rotture di c... (così come il medico legale Pasquano manda a quel paese il commissario Montalbano con un non mi scassi i cabbasisi). Il cane che lo accompagna nelle indagini, in onore delle sue origini, lo ha chiamato Lupa; ed è l'unico essere vivente che lui riesca a guardare con ammirazione.
Per approfondire il personaggio, o accostarsi a lui per la prima volta, torna utile la raccolta appena pubblicata da Sellerio, L'anello mancante. Si tratta di cinque indagini del vicequestore (anzi, quattro, perché ...e palla al centro non racconta esattamente un caso da risolvere), in cui ritroviamo tutto il campionario dello Schiavone-pensiero (o mancanza dello stesso).

I racconti sono già comparsi in precedenza in altre raccolte; qui li troviamo riuniti per la prima volta. Il grande successo che questo libro sta riscuotendo merita almeno una considerazione: non c'è nulla di più inedito del già edito. Come nelle repliche di Montalbano trasmesse in tv, accolte ogni volta da ascolti stellari, i libri di Schiavone vanno a ruba. A prescindere.

Ma veniamo al contenuto. Si parte dalla storia che dà il titolo al libro, con una esilarante traslazione di salma al cimitero, in cui ignari operai trovano, sopra la bara di una donna notoriamente di facili costumi, il cadavere di un uomo in decomposizione: il vicequestore saprà districarsi con scaltrezza, ascoltando ciò che gli detta il cuore (e non la legge), come spesso gli accade. In L'eremita, Schiavone supera se stesso: alla notizia della morte di un ex prete, ritrovato riverso con la testa fracassata, avverte i primi sintomi della febbre, quindi si barrica in casa e si fa raccontare dai sottoposti la scena del crimine (ancora presunto), con risultati (per il lettore) molto divertenti. Tra una tachipirina e un termometro per uso veterinario, indaga senza sosta, fino alla soluzione del caso, senza mai uscire dalla sua abitazione.

In Senza fermate intermedie c'è anche tempo per un repentino rientro a Roma, quando il vicequestore deve partecipare a una riunione di condominio del suo storico appartamento di via Poerio, per scongiurare un oneroso rifacimento della facciata storica; il caso da risolvere lo trova direttamente sul Frecciarossa, per la disgrazia di un criminale così sfortunato da trovarsi sul treno assieme a lui.

Il commissariato rispecchia il microcosmo tipico del genere. Il duo Deruta-D'Intino fa il verso al Catarella di Camilleri, così come Pierron è il fidato collaboratore (la spalla di tutti i gialli), che corrisponde all'ispettore capo Fazio di Montalbano. La serialità, vero spirito di questo tempo, è assicurata: una volta creato un personaggio vivo e autonomo, le indagini (e le pubblicazioni) vengono da sole. Assieme alle repliche e ai tascabili.
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