Amatrice, la lettera di addio del sindaco Pirozzi: «Resterò per sempre con la mia terra»

Amatrice, la lettera di addio del sindaco Pirozzi: «Resterò per sempre con la mia terra»
di Sergio Pirozzi*
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Venerdì 4 Maggio 2018, 07:52
Era il 4 maggio del 2009 (esattamente 9 anni fa) quando decisi, spinto da un gruppo di “amici”, a candidarmi alla carica di sindaco del “mio” borgo. Abbandonai il mondo professionistico del calcio, le mie ambizioni personali, per dedicarmi alla “nostra” Amatrice. Oggi, a nove anni di distanza, è il mio ultimo giorno da sindaco. Come sapete, una norma legislativa vieta ad un sindaco, anche se di un “piccolo” comune, di ricoprire contemporaneamente la doppia carica in Regione. Una norma, sì una norma, che seppur discutibile, la dice però lunga su qual è l’ente territoriale che incide in maniera diretta e decisiva sulla “vita” dei comuni.

Immaginate poi quanto possa incidere oggi che il nostro borgo non c’è più. Dovete però sapere che questa norma invece non è applicabile per chi viene eletto in Parlamento. È pacifico che già questa diversità normativa basti a comprendere le motivazioni che mi hanno spinto a candidarmi in Regione. Quante volte abbiamo manifestato per difendere il “nostro” ospedale, quante volte abbiamo chiesto “pari dignità”, quante volte abbiamo urlato e difeso il nostro sacrosanto diritto di vivere, come dico spesso, “ai confini dell’Impero Romano”? Tante, troppe, ed erano sempre rivolte allo stesso interlocutore: la Regione Lazio. Lo abbiamo fatto in tempo di “pace” e oggi che siamo, purtroppo, in “guerra”, la Regione decide in toto tempi, modi, finanziamenti del post-terremoto. Un terremoto che ha distrutto vite, il nostro borgo e quel senso di comunità che ci rendeva “unici” e ci faceva sentire “invincibili”. Niente sarà più come prima, lo so, anche la mia vita è cambiata profondamente, sono quasi due anni che non lavoro.

Sapete benissimo che ero e sono un allenatore professionista di calcio. Ho fatto le mie scelte, ascoltando il cuore, mettendo davanti a tutto la mia Amatrice. Non rinnegherò mai la scelta fatta, anche se, a dire la verità, un po’ quel rettangolo verde mi manca. In quel rettangolo verde, in fondo, ho passato gli ultimi 24 anni della mia vita. Non desidero però annoiarvi con le mie sofferenze interiori. Ed invece voglio ricordare a perenne memoria gli anni in cui sono stato il “vostro” sindaco. Dalla tragedia del 24 agosto vedo quotidianamente postare sui social immagini dell’Amatrice passata, commenti struggenti, ed allora penso al tanto lavoro che aveva permesso al nostro borgo di diventare uno dei più belli d’Italia. In questi anni da sindaco, grazie a dei collaboratori straordinari (amici innanzitutto), avevo costruito una Amatrice da favola. Poi dal 24 agosto tutto è cambiato. Voglio però rivendicare lo straordinario lavoro svolto nel post-terremoto. Anche se alcune cose ancora oggi non si vedono, per la prima volta nella storia, purtroppo ricorrente, dei terremoti, abbiamo visto riconoscere il 100% del danno subito sia ai proprietari di prima casa che di seconda casa (a L’Aquila non è stato così). Il finanziamento del mondo commerciale (anche se integrato dal fondo di solidarietà del Comune). Il riconoscimento della zona franca urbana speciale. Per la prima volta non si parla di sospensione delle tasse ma di esenzione delle stesse e l’estensione della misura anche ai contributi previdenziali (anche se ancora bisognerà chiarire le posizioni dei titolari delle S.A.S. e delle S.N.C.).

Quanti incontri, quante “incazzature” stanno dietro a questi provvedimenti. Nulla si ottiene per caso. Penso poi alle ingenti risorse finanziarie del mondo della solidarietà, fatte confluire nel conto corrente del nostro istituto scolastico, fondo che ha permesso ai nostri studenti di conoscere il “mondo”, ed accrescere il proprio bagaglio culturale e sociale. La scuola, sì la scuola, quel luogo fondamentale per la crescita dei nostri figli che il 13 settembre del 2016 era già pronta. Non dimenticherò mai l’incontro notturno, era il 28 agosto, con gli amici della Protezione Civile del Trentino per pianificare e realizzare una missione apparentemente impossibile: una scuola provvisoria ma “pronta”, che il prossimo settembre sarà sostituita dalla definitiva. Un luogo, una casa della cultura e della socialità dove il “nostro futuro” (i giovani) avrà solo il meglio. A tal proposito, come dimenticare il lungo viaggio fatto fino a Toronto (circa un anno fa) per ringraziare il Dott. Sergio Marchionne per la generosità della Ferrari (7 milioni di dollari donati per la nostra scuola). Avevo capito che il mondo della solidarietà vedeva Amatrice e il suo sindaco come un simbolo. Diventare un simbolo, senza assolutamente volerlo, è un impegno enorme, un lavoro sfiancante, ma che mi ha dato la possibilità di conoscere persone straordinarie e contemporaneamente affogare le delusioni avute per i comportamenti egoistici di una piccola parte della comunità amatriciana.

Ed ecco allora che il mondo della solidarietà ha permesso all’amministrazione da me guidata di emanare una serie di regolamenti che hanno reso possibile alla nostra terra di continuare a vivere, sia economicamente che socialmente. Quella socialità che dovrà essere il motore per poter far ripartire la “macchina Amatrice”. Penso allora al Palazzetto dello Sport, al campo da calcio, alle strutture aggregative realizzate nelle aree SAE, ai parchi, agli impianti sportivi a Collemagrone e nelle frazioni (Scai e prossimamente Sommati e Cornillo Nuovo), al cinema teatro, alla Casa della Montagna, al nuovo centro giovanile e tanto altro ancora. Rivendico con forza la scelta di non aver sacrificato luoghi e spazi per realizzare costruzioni che non fossero quelle originarie. In fondo, un borgo distrutto con solo negozi e case provvisorie che futuro poteva avere? Rispondo: nessuno. Tutto questo non è accaduto per caso, lo ripeterò all’infinito. Come sindaco sapevo, in cuor mio, che avevo ottenuto il massimo. Era però necessario per non far morire definitivamente Amatrice, che oggi è in vita solo grazie al defibrillatore della solidarietà, alzare l’asticella, cercare nuove vie. Era necessario quindi andare in Regione. Forte di un consenso straordinario, ottenuto senza l’appoggio di nessun partito politico, di ben 152.000 voti, andrò innanzitutto a segnalare i disagi ancora vivi del terremoto e cercherò di rappresentare degnamente tutti quegli amici che non ci sono più e che tante volte avevano manifestato contro la Regione Lazio per chiedere “pari dignità”.

Il mio perciò non è un abbandono, ma un ulteriore atto di amore verso la mia terra. Resterò per sempre ad Amatrice, con la mente e con il cuore, soprattutto per difendere, vivendola, il diritto di “vita” delle terre “marginali e periferiche” di tutto il Lazio e anche d’Italia. Sarò sempre accanto alla “mia” squadra di amministratori-amici e soprattutto al mio amico Filippo Palombini che mi sostituirà in quest’ultimo anno di mandato. Ritornando per un attimo alle mie vicende umane, vi confido che alcune volte ho avuto la tentazione di “urlare” al mondo tutti quegli egoismi che ho vissuto sulla mia pelle in questi 21 mesi, e che, purtroppo, ancora oggi vivo quotidianamente, ma poi ho sempre ritenuto opportuno di non manifestarlo apertamente, anche se questa ferita non si rimarginerà mai, resterà per sempre aperta. Rivelandoli, avrei dato un dolore troppo grande al defibrillatore della solidarietà e messo sullo stesso piano i cittadini di Amatrice, privando tutti indistintamente di un sostegno, ancora oggi, necessario. Spero che la tragedia del terremoto ci aiuti a capire che la vita è un dare e avere ed è per questo motivo che sulle macerie del cinema teatro Garibaldi realizzeremo, grazie al sostegno indispensabile della Croce Rossa Italiana, con un accordo siglato oggi, la Casa della Memoria della Solidarietà. Questo luogo diventerà il contenitore che raccoglierà le testimonianze, gelosamente conservate, di tutti coloro che ci hanno aiutato. Amatrice sarà “guarita” dalle “ferite del mostro” il giorno che sarà pronta ad aiutare indistintamente chiunque si trovi in difficoltà. Nella vita non bisogna solo ricevere ma bisogna anche e soprattutto dare. In fondo questo è quello che mi ha insegnato il terremoto. Chiudo, dicendo che una comunità per avere un futuro deve ripartire dalla memoria, appunto la memoria della solidarietà.

Il vostro Sindaco
Sergio Pirozzi

*sindaco di Amatrice
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