Dai giardinieri ai tatuatori, i mestieri che battono la crisi

Dai giardinieri ai tatuatori, i mestieri che battono la crisi
di Valeria Arnaldi
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Lunedì 30 Aprile 2018, 12:24 - Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 00:18
Imprese di pulizia degli edifici, cresciute di più di seimila unità, precisamente 6.136, tra dicembre 2012 e dicembre 2017. Poi, tatuatori e specialisti del piercing, il cui numero è salito di oltre 4.000 soggetti rispetto a cinque anni fa. Sul podio, anche i giardinieri, divenuti quasi 3.400 in più. Sono questi i mestieri artigiani che resistono meglio alla selezione, dura, che da anni interessa la categoria, e anzi crescono con numeri importanti. A misurare le evoluzioni e i cambiamenti del comparto sono i dati Unioncamere e Infocamere sull’imprenditoria artigiana. Cifre che raccontano la forza di taluni settori, tracciando di fatto un profilo che parla della passione di chi entra nel mondo del lavoro e della “fortuna” dei vari capitoli.

PADRONCINI IN CALO
A spiccare sono le cifre delle imprese di pulizia, che nel 2012 erano 11.292 e nel 2017 sono salite a 17.428, ma ancora di più forse sono quelle che riguardano gli specialisti di tatuaggio e piercing, più che raddoppiate, da 3.525 nel 2012 si è arrivati a 7.702, in un evidente aumento di ricerca di lavori che permettano di esprimere creatività e talenti. Bene i giardinieri passati da 12.671 a 16.067. D’altronde, l’attenzione al “verde”, tra giardini, balconi e orti, è una vera tendenza che vede crescere, in modo consistente l’interesse degli italiani e, di conseguenza, il business. Tra i mestieri artigiani in crescita, le agenzie per il disbrigo delle pratiche, anche queste più che raddoppiate, con quasi duemila unità in più (1983) e i meccanici industriali, con un rialzo di 1.854. 


Salgono le cifre legate alla moda, con un aumento del numero di sarti per cerimonie: +1.451. Non mancano lavori nel settore food - anche questo, fortemente, sotto i riflettori - tra panettieri e pasticceri, con una crescita di 1.355 unità. A salire sono pure le imprese artigiane che si occupano di confezione di accessori di abbigliamento, che da 1.461 sono divenute 2.633, e quelle che effettuano disinfestazioni, passate da 732 a 2.014 in cinque anni. Senza trascurare parrucchieri ed estetisti, che aumentano di 617 unità, ma su numeri decisamente importanti: 127.977 nel 2012, 128.594 nel 2017. E ancora, i sarti per «riparazione di altri beni per uso personale e per la casa».


I segnali di ripresa dunque ci sono ma c’è anche - e, soprattutto, ancora - la crisi. Stando ai dati di dicembre 2017, le imprese artigiane registrate sono oltre un milione trecentomila - precisamente, 1.327.180 - e tra queste si contano quasi 81 mila nuove iscrizioni nell’anno. Nello stesso periodo risultano 92.265 cessazioni. La differenza tra iscrizioni e cessazioni di attività segna pure per il 2017 un saldo negativo di poco superiore alle 11 mila imprese, con -0,85 % rispetto all’anno precedente. Dati alla mano, si evidenzia un calo nel numero di cessazioni di impresa, che sono al livello minimo del decennio, ma a scendere sono pure le cifre relative agli italiani che intraprendono un’attività imprenditoriale e, anche in questo caso, il dato nel 2017, è il più basso del decennio. Negli ultimi anni, il trend della diminuzione dello stock di imprese si è ridotto, ma la situazione è ancora lontana da quella del 2012, quando le imprese artigiane registrate erano 1,4 milioni. Oggi, si contano 110 mila unità in meno, con una riduzione percentuale vicina all’8% e una media di oltre un punto percentuale l’anno. I cali numericamente più consistenti sono nel trasporto di merci su strada - -13.725 “padroncini” - e tra piastrellisti con - 6.236 unità.

 
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