«Quarant'anni fa - scrive Wojcicki in un editoriale sul sito Stat -, quando il primo test di gravidanza è stato messo in commercio, qualche medico ha ammonito contro il suo uso, affermando che le donne non sarebbero state in grado di gestire l'informazione, arrivando a decisioni irrazionali come il suicidio.
Sono stata molto delusa nel vedere che alcune reazioni all'autorizzazione dell'Fda hanno usato toni simili a quelli iniziali dei test di gravidanza». La differenza, hanno subito ribattuto diversi esperti, è che il test del Dna non dà un risultato “sì-no”, come quello di gravidanza, ma dà una probabilità che non necessariamente si traduce in un tumore. «Nella nostra clinica di solito facciamo una discussione iniziale di un'ora con il paziente, poi altri colloqui dopo i test - spiega ad esempio al sito Gizmodo Susan Domchek dell'università della Pennsylvania -. Questo tipo di discussione e spiegazioni non è qualcosa che ottieni con i risultati di 23andMe».
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