Governo, divisi su tempi e agenda: tavolo in salita M5S-Lega

Fico e Di Maio (ansa)
di Marco Conti
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Domenica 25 Marzo 2018, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 20:02

«E ora andiamo al governo!». L’accordo sulle presidenze delle Camere tra M5S e centrodestra, spinge al brindisi il deputato azzurro di vecchia scuola. La tattica ricomposizione del centrodestra nasconde tensioni e voglia di rivincite che investono soprattutto i gruppi parlamentari azzurri, ma tutti sono certi che la strada sia ormai tracciata. A dispetto della nota uscita ieri pomeriggio da palazzo Grazioli subito dopo l’elezione dei presidenti, dentro Forza Italia c’è la convinzione che Berlusconi non voglia rimanere fuori dalla trattativa per il nuovo governo. «Ha bisogno di tempo per sistemare le sue aziende e ottenere la sua piena riabilitazione», raccontano anche coloro che masticano amaro per la sconfitta subito da Romani.

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IL PUZZLE
Dopo il successo ottenuto ieri, nessuno è in grado di mettere in discussione il ruolo di Matteo Salvini. Tantomeno il suo diritto a ricevere, a nome di tutto il centrodestra, una sorta di incarico per cercare i voti che mancano alla maggioranza. Anche se di voglia ne ha poca e Giancarlo Giorgetti, numero due del Carroccio, la dissimula bene, a Salvini toccherà mettere insieme un puzzle che conterrà anche stavolta i pezzi che gli forniranno il Cavaliere e Giorgia Meloni. Lo schema per un possibile esecutivo penta-leghista sembra a portata di mano, ma la strada è in salita. Il leader della Lega continua a ragionare su tempi lunghi. Ha escluso da subito intese con il Pd, ma al tempo stesso è convinto che un’eventuale intesa, tutta da costruire, con i pentastellati debba durare il minor tempo possibile.

Non escludere la possibilità di un ritorno al voto in tempi brevi - Mattarella permettendo - significa collocare l’obiettivo del governo in una posizione subordinata rispetto alla voglia di diventare leader dell’intera coalizione di centrodestra. Berlusconi lo ha compreso e lo asseconda anche se, come è accaduto venerdì, deve vedersela con la vecchia guardia azzurra che non vorrebbe morire leghista o finire in un unico partitone sovranista. E’ per questo che Salvini, vinta la prima tappa, per arrivare a chiudere il cerchio con il governo dovrà vedersela non solo con i 5S ma anche con le trappole che i colonnelli azzurri hanno cominciato già a spargere ieri in Parlamento facendo mancare a Fico oltre 50 voti. 


Impegnato a gestire i contraccolpi interni seguiti all’elezione di Alberta Casellati, è però anche Luigi Di Maio. La foto con il Cavaliere è stata evitata ma i voti azzurri si sono confusi con quelli dei grillini per eleggere al Senato colei che - si ricordava ieri sui social - ha sostenuto tutte le battaglie giudiziarie del leader di FI. Una contraddizione destinata a riproporsi quando Salvini proporrà qualunque ipotesi di accordo a nome del 37% e non del 17%.
Il termine “Grillusconi”, coniato dal Dem Marcucci mette il dito su una ferita nel tentativo di allargarla, ma l’elezione di Fico alla presidenza della Camera potrebbe spingere i 5S a bussare nuovamente alla porta del Nazareno. Due forni, quello del centrodestra già provato e quello tutto da sperimentare con il Pd, che confermano quanto nel 5S sia alta la voglia di passare dalla fase della testimonianza. Di Maio vuole esserci nel governo anche a costo di rivedere radicalmente la squadra di ministri a suo tempo presentata, e buona parte del programma.

LA VOGLIA
Intervistato dal Tg1 il leader 5S mostra di non voler sprecare l’occasione, che potrebbe non riproporsi per il diretto interessato, ricordando che «il M5S ha ottenuto 11 milioni di voti con un candidato premier», cioè lui. Con la Lega in pugno e il centrodestra quasi, Salvini è invece convinto di poter avere altre occasioni. Più chiare e magari senza doverle dividere con ingombranti alleati. 

Una differente prospettiva con evidenti riflessi su consistenza e tempi del possibile nuovo esecutivo: esile e breve per Salvini, esile, breve ma destinato a rafforzarsi strada facendo per Di Maio. Tutto ciò rischia di rappresentare la difficoltà più grossa per un dialogo tra i due, anche perché la durata riduce o allarga l’eventuale programma. Vitalizi, legge di bilancio e correzione del Rosatellum per poi tornare al voto, è il punto di caduta che ieri molti pentastellati indicavano. Con un premier-arbitro, alla Cassese o alla Cantone, un Berlusconi chiuso nel sottoscala e un Pd che i 5S torneranno a corteggiare presto contando sulla scarsa voglia che circola tra i Dem di tornare a breve di nuovo al voto.

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