Riccardo De Palo
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di Riccardo De Palo

Il sesso e le sue proibizioni, ecco il libro inedito di Foucault, pubblicato a 34 anni dalla morte

Michel Foucault
di Riccardo De Palo
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Giovedì 22 Marzo 2018, 16:22 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 20:52
Michel Foucault era stato chiaro, nel suo testamento: «Nessuna pubblicazione postuma». E ai fedelissimi aveva ripetuto, poco prima di morire: «Non fatemi lo stesso scherzo di Max Brod con Kafka». Eppure, la storia della letteratura avrebbe avuto un corso differente se l’autore de La metamorfosi non fosse stato tradito dall’amico, a cui aveva chiesto di distruggere ogni suo scritto. L’editore Gallimard deve avere pensato in maniera analoga quando, nei giorni scorsi, ha dato alle stampe un suo inedito “importante”. Il primo a 34 anni dalla morte. Si tratta di Les aveux de la chair, “le confessioni della carne”. Il quarto volume della Storia della sessualità, un progetto di ampio respiro a cui il filosofo francese stava ancora lavorando quando fu stroncato dall’Aids, il 25 giugno del 1984. Iniziò così una lunga serie di vittime eccellenti di quella che allora veniva definita la “peste del secolo”: nel 1989 toccò al fotografo Robert Mapplethorpe e allo scrittore Bruce Chatwin; l’anno seguente al grande street artist Keith Haring.

Si può molto discutere sull’autore de Le parole e le cose. Si può obiettare che il suo pensiero post-strutturalista, libertario, figlio di certa gauche degli anni Settanta, sia ormai datato, o parta da presupposti sbagliati. Per molti, però, fu uno dei grandi pensatori del secolo passato. Il primo a portare avanti un progetto, invero “dirompente”, di Friederich Nietzsche: elaborare una storia dell’umanità che tenesse conto delle evoluzioni dei concetti di follia, crimine, sesso. Ma, soprattutto, Foucault ebbe una grande intuizione. In Sorvegliare e punire, il filosofo ricorda quando Jeremy Bentham inventò il Panopticon, il modello di prigione circolare, con una torretta centrale: tutti erano consci di poter essere spiati in qualsiasi momento; ma non sapevano da chi né quando.

Nel 1791 sembrò un espediente geniale per risparmiare sul numero dei carcerieri; ma diventò presto metafora di un potere invisibile, fino a ispirare anche il Grande Fratello di George Orwell. Oggi, nell’era di Internet e dei Big Data, questo stato di cose - essere sorvegliati sempre e simultaneamente da un’entità misteriosa - appare (purtroppo) quasi naturale. Ma all’epoca di Foucault, non lo era affatto. E molti suoi libri successivi possono essere letti come proseguimento naturale di questa idea.

Siamo tutti in un Panopticon. Potremmo essere liberi - sembra dire il filosofo - ma un potere invisibile ci ha imposto pudori, costumi, norme. La nostra cultura non dipende affatto da noi, non ci appartiene. Di qui, la necessità di risalire all’origine di questi precetti, di diventare “archeologi del sapere”.

«Com’è stato possibile che, nel corso dei secoli, la sessualità sia diventata il “sismografo” della nostra esistenza?» Michel Foucault pose questa questione nel 1981 a Peter Brown, uno dei più grandi biografi di sant’Agostino. Il filosofo aveva appena pubblicato il primo volume della sua Storia della sessualità, La volontà di sapere. Pensava ad altri sei volumi; ma poi - come ricorda nella prefazione di Les aveux de la chair il curatore Frédéric Gros - il progetto prese un’altra forma. Poco prima della morte di Foucault, apparvero il secondo e terzo volume della serie, L’uso dei piaceri e La cura di sé, dedicati al periodo pre-cristiano. Il quarto, già concluso e in fase di revisione di bozze, Le confessioni della carne, rimase in un archivio di Gallimard, fino alla decisione degli eredi, in questi mesi, di darlo alle stampe.

L’interesse per il sesso, e le sue proibizioni, scaturiva anche dall’esperienza personale. Foucault ebbe innumerevoli relazioni occasionali ma fu profondamente legato al suo compagno, Daniel Defert, per 25 anni. 

Les aveux de la chair è un viaggio attraverso i testi dei primi autori cristiani, del secondo-quarto secolo, da Clemente d’Alessandria a sant’Agostino. La prima sorpresa è che molte delle raccomandazioni che venivano impartite, in libri come Il pedagogo, derivano dal classico concetto stoico di temperanza, o mutuavano temi platonici. Ma è nel corso di questi primi secoli della storia cristiana (e quindi dell’Occidente) che diventano sempre più coercitivi. Il concetto di bene viene spostato dal sé al divino; e questo provoca tutta una serie di conseguenze, soprattutto nei riti dedicati alla penitenza. Il peccatore deve non solo “confessare”, ma rendere pubblico, attraverso le pene corporali che si autoinfligge, il proprio stato. «È la nuova definizione dei rapporti tra soggettività e verità - scrive Foucault - che dona a questi precetti antichi un significato inedito, e apporta alla vecchie concezioni dei piaceri e delle loro economie delle modifiche importanti».

Di qui l’estrema perentorietà, nelle epoche successive, delle norme che riguardano il matrimonio, la castità, la procreazione. Che vanno molto al di là della loro origine pagana. L’esame di coscienza dei pitagorici diventa un’indagine di fronte a Dio, cui niente può essere nascosto. La sottomissione e l’obbedienza si prefigurano come le chiavi per accedere (e quindi sopravvivere) in un monastero. Finché Agostino introduce il concetto di “libido”. Gettando così le fondamenta di «una concezione generale dell’uomo desiderante» e una «giurisdizione degli atti sessuali» che incideranno pesantemente sulla morale dell’Occidente cristiano.
 
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