Roma, la bellezza diversa

Di Francesco
di Ugo Trani
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Martedì 20 Marzo 2018, 07:30
Più solida, meno concreta: è la Roma di Di Francesco, nel paragone con quella dei record di punti (87) dell’anno passato. Difende meglio, con i suoi 13 cleen sheet, ma attacca peggio.
 


Dopo 29 giornate il dato è abbastanza significativo: 49 gol realizzati e 23 subiti, saldo attivo di 26 reti e non di 38 come nel campionato sorso, 64 gol fatti e 26 incassati. Numeri che certificano la distanza dal vertice che è più ampia: oggi la Juve è avanti di 16 punti e non di 8, anche perché, dopo 29 giornate, i giallorossi ne hanno raccolti 6 in meno. La differenza è nell’insufficiente rendimento interno: all’Olimpico conquistati solo 28 dei 59 punti, pur avendo giocato 1 gara casalinga in più. La presenza sul podio, con l’attuale 3° posto, dipende dai 9 successi e dai 4 pareggi esterni, con appena 1 ko in 14 viaggi, allo Stadium contro la Juve. L’uscita di scena dalla corsa scudetto, dunque, è per il comportamento davanti al proprio pubblico (5 sconfitte). Da 5° posto, fuori dalla zona Champions.

TRAMPOLINO EUROPEO
Di Francesco fa spesso riferimento alla continuità. La Roma, fin qui, ha pagato la sua intermittenza. Non la Champions, come si potrebbe pensare. Perché, nella recita in controtendenza, ha vissuto i momenti top proprio durante la fase a gironi e recentemente preparando la doppia sfida. Quando l’asticella si è alzata, i giallorossi hanno spiccato il volo. E’ successo tra metà settembre e inizio ottobre (4 vittorie consecutive in campionato) e tra fine ottobre e metà novembre (miglior striscia in questo torneo, con 5 successi di fila). E’ successo di nuovo dal 4 febbraio (6 successi in 7 gare di serie A), conquistando martedì scorso anche la promozione ai quarti con la rimonta contro lo Shakhtar. In questo periodo, guarda caso, 4 clean sheet (più quello in coppa) e media gol superiore anche a quella della Juve leader (2,42 a match). Equilibrata e al tempo stesso efficace.

ROTAZIONE NECESSARIA
Il turnover ha funzionato in autunno. Di Francesco lo ha abbandonato prima della Champions, scegliendo la sua formazione base. L’ha riproposto a Crotone, ma nella circostanza non l’ha utilizzato solo per far recuperare le energie fisiche e mentali ai titolari. Ha voluto coinvolgere anche i panchinari, soprattutto quelli che faticano a entrare nel coro. Ha voluto tutelare il patrimonio tecnico della rosa e al tempo stesso programmare il finale di stagione. Perché di Peres e Gonalons, come di Jesus e Gerson, avrà sicuramente bisogno da qui al traguardo. Le risposte sono state differenti, con Gonalons ancora indietro rispetto agli altri. 

INTERESSE COMUNE
Il gruppo, però, è sempre la priorità di questo allenatore. E la concentrazione nell’addestramento quotidiano fa la differenza quando deve scegliere un giocatore. Lo sa bene El Shaarawy che è finito addirittura in tribuna a Kharkiv. E lo stesso è successo con Schick, ancora mai sceso in campo in Champions e ignorato, in partenza e in corsa, a Crotone. Non è questione di ruolo, ma di atteggiamento. «Io devo allenare la Roma e non i singoli giocatori. Lui sta lavorando bene, ma io non posso ragionare individualmente per far contento qualcuno», il messaggio di Di Francesco al ragazzo. Punto e a capo.
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