IL BON TON
Qui, per carità, non si vogliono dare giudizi sull'uomo Sarri, ma il personaggio Sarri merita un'attenzione critica legata direttamente al suo ruolo. Da sempre, ad esempio, lui ha scelto un basso profilo nel parlare della propria squadra, respingendo qualsiasi pronostico per la vittoria finale pur avendo ricevuto da mezza Europa attestati sconfinati di stima per il gioco espresso dal Napoli. Ha spesso e volentieri gridato al complotto della Lega per un calendario, a suo dire, artatamente complicato; ha visto nemici anche là dove non c'erano; si è sentito accerchiato e attaccato dando, in realtà, la sensazione di volersi creare costantemente un alibi per un eventuale insuccesso. Ognuno, sia chiaro, è libero di programmare il proprio lavoro come meglio crede, ma poi deve esser capace di non cedere mai alla tentazione di scaricare altrove le proprie responsabilità. Non c'è club al mondo che baratterebbe la vittoria di un campionato con un allenatore politicamente corretto sempre e comunque. Il risultato innanzi tutto, giusto? Ma le cadute di stile di Sarri fanno più male a Sarri stesso che al Napoli. Nessuno pretende che un allenatore di calcio sia anche un premio Nobel di Bon Ton, però un pizzico di classe in più non guasterebbe. E il discorso non vale solo per Sarri, ma anche per tutti gli addetti ai lavori dell'universo calcio. Compresi quegli spettatori nella platea della sala-stampa di Milano che, domenica sera, si sono fatti due risate alla faccia della loro collega.
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