Wrongonyou, il fenomeno folk canta inglese ma parla romano

(Foto di Nicola Dalla Mura/Ag.Toiati)
di Andrea Andrei
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Martedì 27 Febbraio 2018, 16:07 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 19:27

Wrongonyou, al secolo Marco Zitelli, è già un fenomeno. Non solo per la sua voce potente e melodica allo stesso tempo, ma perché il suo accento marcatamente romano (è nato e cresciuto ai Castelli romani) si scioglie in un sound folk dal netto influsso internazionale, rigorosamente cantato in inglese. Un artista che in parte si è formato all'estero (ha suonato per due mesi in un gruppo funky in Georgia), ma che soprattutto è cresciuto, come racconta a Messaggero Tv, “ascoltando a ripetizione gli America, visto che mi si era incastrata la cassetta nel mangianastri” e studiando le note della chitarra cristallina di John Frusciante.
 

 

Un artista che però porta dentro i paesaggi e la cultura della sua terra, quei posti «in cui sto bene, in mezzo alla natura, dove mi sento a mio agio. Faccio lunghe passeggiate ed è lì che creo». Solo che poi, per incidere parte del suo album d'esordio, Rebith (che uscirà il 9 marzo per Carosello Records), Wrongonyou si è spinto fino a Los Angeles, nello studio di Michele Canova (già produttore di Jovanotti, Giorgia e Tiziano Ferro): «Lì ho registrato sei brani – racconta – è un mondo dove c'è davvero tanta dedizione al lavoro. È stata tosta. Poi sono tornato in Italia, dove ho registrato il resto dei brani alle Impronte records di Flavio Zampa. È stato bello aver avuto modo di tornare a casa mia, di riordinare le idee, di preparare lo zaino e ripartire per il tour».

Un tour che l'ha già portato a Bologna e Milano, dove ha fatto il tutto esaurito, e che continuerà in tutta Italia, passando da Roma il 21 marzo, all'Auditorium Parco della Musica. «Dovessi definire quest'album con una parola – spiega – sceglierei proprio il titolo, “Rebirth”. Perché mi sono reso conto di come la musica per me rappresentasse davvero la rinascita, e di come cantare si ciò che mi fa stare bene. È questo che mi interessa ora, ed è per questo che ogni volta non vedo l'ora di salire sul palco».
 

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