Un romano dal liceo Tasso allo sbarco su Marte: «Sopravvissuto alla tempesta di sabbia. La missione-test nel deserto dello Utah»

Cesare Guariniello
di Paolo Ricci Bitti
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Giovedì 15 Febbraio 2018, 16:34 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 17:02

«Dove siete? Dove siete? Non vi vedo più, rispondete, rispondete...». Accecato dall’improvvisa tempesta di sabbia rossa fra i paurosi canyon marziani dei Monti di Tharsis, l’astronauta americano Justin Marshall aveva perso i contatti con i compagni: ogni passo poteva essere fatale. E le sue disperate chiamate alla radio non potevano essere ricevute dal capopattuglia, il romano Cesare Guariniello, ugualmente angosciato dalla mancanza di collegamenti in quel turbine terribile di polvere impalpabile che l’aveva precipitato in piena emergenza su Marte, lui che grazie alla laurea alla Sapienza avrebbe dovuto trovarsi in realtà dietro una scrivania della Fiat a Torino.

Diavolo, è vero che quella era la simulazione di una missione marziana ambientata nel deserto dello Utah, ma quelli della Mars Society potevano pure avere la mano più leggera con il realismo dell’esplorazione fra quegli strapiombi mica di cartapesta e profondi centinaia di metri.

«Calma, stiamo uniti, a contatto uno dell’altro» ha detto a gesti ai barcollanti compagni attorno a lui. Addestramento e sangue freddo, in queste situazioni estreme: niente bussola (lassù non funziona) e niente ponte radio con Houston: tra il momento della partenza della chiamata da Marte e quello dell’arrivo della risposta dalla Terra passano almeno 40 minuti. Un’eternità letale in caso di sos.

«Sì, è stata paura vera – racconta l’ingegnere astronautico e geologo della Sapienza, 36 anni – abbiamo vissuto, prima ancora che capito, che cosa vuol dire trovarsi così isolati e disorientati lontano dalla Terra. Alla fine Justin l’abbiamo recuperato prima che volasse in un burrone, ma ugualmente il rientro alla base, privi della possibilità di comunicare, è stato molto complicato. E in effetti queste simulazioni così realistiche servono anche alla Nasa per testare la nostra “tenuta” psicologica».

Un romano del liceo Tasso su Marte, Cesare Guariniello, laurea in Ingegneria aeronautica alla Sapienza e una rapida e lusinghiera convocazione alla Fiat a Torino per un posto da ingegnere meccanico a cui, tenendo sulle spine i genitori, non rispose. Colpa dell’astronauta Umberto Guidoni, incontrato a 15 anni. Una folgorazione.

Niente treno per Torino, ma l’aereo per gli Usa dopo che la domanda per una borsa di studio da ricercatore alla Purdue University, nell’Indiana, venne accolta: i 30mila e inarrivabili dollari annui di retta diventano solo mille, più lo stipendio per vivere bene nella deliziosa West Lafayette.
 

 


Purdue University? Accipicchia, da Neil Armstrong in poi vi ha studiato il maggior numero di protagonisti dell’epopea della Nasa tanto da essere definita la “culla degli astronauti”.
Per dire, l’ufficio dell’ingegnere romano è nella Armstrong Hall, il che fa sempre un certo effetto anche perché all’ingresso si è accolti da una capsula Apollo originale. Ventimila studenti, una ventina, mediamente, gli italiani, accolti con tutti gli onori «perché la preparazione scolastica e universitaria italiana nel settore aerospaziale viene ritenuta eccellente - dice orgoglioso Guariniello - Non chiamateci però “cervelli in fuga” perché, almeno per ciò che mi riguarda, oltre all’affetto, mantengo un’alta considerazione per l’Italia».

In fuga no, ma almeno “in esplorazione”: Guariniello ha curato in questi anni alla Purdue progetti di strutture spaziali complesse (insomma, astronavi o stazioni spaziali) che come meta hanno la Luna, Marte o la creazione dello Deep Space Gateway (il “cancello” o “passaggio” per lo spazio profondo), che solo a dirlo si pensa subito a Bradbury e Clarke: è la stazione cislunare, trampolino per missioni lunari o marziane che si piazzerà a 500mila chilometri dalla Terra. L’attuale Stazione spaziale ingternazionale prossima a riaccogliere Luca Parmitano sfreccia in orbita ad appena 400 chilometri d’altezza, mentre la sonda Exomars “made in Italy” di Esa e Asi ha viaggiato per 143 milioni di chilometri per raggiungere l’orbita di Marte.

Guariniello, amante della scherma e del pilotaggio di aerei, fisico standard, vede queste frontiere ancora più vicine per l’umanità: pochi anni per la Luna, 20 o 30 per Marte sia pure solo per lasciare le orme sulla sabbia.

Più vicine anche dopo che è stato scelto per questa missione alla Base marziana nel deserto rosso dell’Utah: «Per programmare le spedizioni reali serve una mole enorme di sperimentazioni e questa struttura è affiancata da una decina di altre allestite anche alla Hawaii o nell’Artico, in attesa di quelle gigantesche progettate da Emirati Arabi e Cina con un occhio anche al turismo».

La base Mdsc americana, un cilindro a due piani di 8 metri di diametro, che ha già ospitato gli italiani Ilaria Cinelli, Rosalba Bonaccorsi e Dario Parastesh, è una di quelle più avanzate, compreso lo scenario ambientale: «Dagli oblò si vedono paesaggi identici a quelli fotografati dai rover marziani. E per entrare e uscire ci sono gli airlock come sulla stazione spaziale e ne rispettiamo tutti i passaggi per la depressurizzazione».

A Guariniello, che ora vanta un ulteriore titolo per i prossimi concorsi per astronauti della Nasa, dal 30 dicembre 2017 al 14 gennaio è toccata una delle missioni più dure, con “passeggiate” fino a 18 chilometri al giorno con tuta e pesante attrezzatura per respirare. 
«Ingombri e chilogrammi sulla schiena identici a quelli delle tute per le passeggiate spaziali, quelle extraveicolari. Già, è stato tutto di un realismo estremo, a parte l'unica cosa che avrebbe aiutato: su Marte si è pesanti, zaino compreso, un terzo rispetto alla Terra. Tutto il resto è stato simulato con grande fedeltà rispetto a ciò che si ritiene sia effettivamente la situazione lassù. E senza fare un ciak tra una ripresa e l’altra come sul set del pur notevole film The Martian con Matt Damon». 

Ingegneri, geologi e ortolani.
«Con amore e attenzione abbiamo curato anche la serra interna: mezzo chilo di lattuga il nostro fiero raccolto. Ho avuto la fortuna di fare parte di un equipaggio di sette aspiranti astronauti, tutti della mia università, molto in sintonia fra loro, il che sarà fondamentale per le lunghe missioni nello spazio, Una squadra che, dentro e fuori la stazione marziana, non si è fatta sconti sul vivere con la massima precisione i severi protocolli stabiliti, compresi quelli sul razionamento dell’acqua e soprattutto sulle scorte di ossigeno durante le esplorazioni sul terreno. Eh sì, si, è proprio vero che mentre si arranca sulla sabbia si guarda sempre quel timer che indica quanto tempo manca all’asfissia. E si ha una paura fottuta di bucare la tuta».

Nessuno sconto da parte dell’equipaggio: duri verso Marte, ma senza "integralismi": immaginate a chi è stato affidato, in quel team di americani, canadesi e indiani, il “cenone” di San Salvestro? L’ingegnere romano Guariniello, tra razioni liofilizzate e salse disadrate ha compiuto il fantascientifico miracolo della pasta al forno. «Beh, diciamo simile alla pasta al forno, ma quella notte lassù su Marte non ne è rimasta nemmeno una forchettata». 

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