«No alcol quando twittate». Ecco le regole web del Pd

«No alcol quando twittate». Ecco le regole web del Pd
di Mario Ajello
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Martedì 6 Febbraio 2018, 08:38 - Ultimo aggiornamento: 10:29
Il Machiavelli sosteneva che la politica talvolta dev'essere «pazza» e spingersi «extra ordinem». Ma gli strateghi della campagna elettorale del Pd, pur essendo in gran parte toscani, non sembrano concordare con il Segretario Fiorentino (ser Niccoló in questo caso, non Matteo). Infatti nel seminario per preparare alla battaglia digitale gli staff dei candidati, che si è svolto ieri a porte chiuse al Teatro Eliseo a cura del reparto comunicazione del Nazareno, sono state consigliate la «responsabilità, la misura e la sobrietà» ai più o meno giovani twittaroli, blogger e smanettoni. Che dovranno portare alla vittoria gli aspiranti parlamentari del Pd contro centrodestra e grillini, a loro volta agguerritissimi sul web.

SOBRI E SAZI
La prima regola che viene suggerita è questa: «Non scrivete post, se siete affamati o ubriachi». E ancora: «Se dovete scrivere un post terribilmente aggressivo, fatelo in Word. Poi alzatevi, andate in cucina, mangiate biscotti e bevete latte, poi tornate al computer e al 99 per cento non lo pubblicherete». Errore da matita blu questo, però, da parte dei maestri comunicatori: la politica alcolica è l'unica ormai che ha qualche vaga possibilità, purtroppo, di essere considerata dalle masse. Un bicchierino - cin! - potrebbe aiutare. Anche se, e qui gli esperti del Nazareno possono avere ragione, «la reputazione - come si legge in una delle slide proiettate dopo l'apertura dei lavori affidata all'agenzia Proforma - si può compromettere per un solo epic fail. 1000 post ben fatti non oscurano l'unico pessimo che ti scappa».

Renzi naturalmente è di questo avviso, ossia non strafare e non mostrarsi strafatti. E il suo modo di comunicare colloquiale e aggressive - «Gentiloni è la camomilla, io il Red Bull», ha detto l'altro giorno - lo ha esibito sempre all'Eliseo presentando i candidati per il 4 marzo. E concedendosi qualche battuta ma soprattutto lanciando messaggi così: «Il nostro avversario è il centrodestra» (come se M5S fosse fuori gioco, e non lo è) e «se arriviamo primi come gruppo parlamentare è una vittoria, sennò è una sconfitta».

Ma riecco la lezione di comunicazione digitale. A staff e candidati, nel seminario a cura di Alessio De Giorgi, viene ironicamente suggerito di seguire diversi modelli, tra loro opposti: è possibile scegliere tra la Modalità Voltaire, la Modalità Pablo Escobar o la Modalità Game of Thrones.

La Modalità Voltaire naturalmente è un impasto di lucidità e ironia nella maniera di usare propagandisticamente Facebook e gli altri strumenti che ovviamente erano ignoti al grande intellettuale settecentesco. Occhio alla slide sulla Modalità Pablo Escobar, corredata dalla foto del noto narcotrafficante. Si leggono alcuni consigli pratici. «Los matamos a todos», ovvero i commenti non pubblicabili vanno falciati e i troll bannati senza pietà. E le repliche ai commenti forti devono essere dello stesso tenore degli attacchi, per la serie a brigante, brigante e mezzo.

LA SPERANZA
L'ironica speranza dei presenti è che i web master che hanno fatto lezione di comunicazione a loro siano più bravi del web master per eccellenza: Di Maio, che in questo campo ha lavorato, oltre a fare lo steward alla tribuna vip dello stadio San Paolo di Napoli ('O web masterrrr, o web masterrr...., ma che è stu lavoro?!?!?, è solito satireggiare in slang anti-Giggino il governatore campano De Luca).

E comunque: rispetto alla Modalità Escobar, più viscere che ragione, più Pulp che Candide, la Modalità Voltaire è più aggraziata. «Si adatta particolarmente - spiega un'apposita slide - ai pazienti, che rifuggono da ogni tentazione di rispondere per le rime» ai post e ai tweet della propaganda grillina o forza-leghista. Illuministicamente, questo stile politico-digitale si basa sul «dialogo a tutti i costi, anche con chi vi insulta. I toni devono essere moderati/dialogici». Però Voltaire non era astemio.
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