Untore Hiv, le motivazioni della condanna: «Era consapevole del rischio che procurava»

Untore Hiv, le motivazioni della condanna: «Era consapevole del rischio che procurava»
di Adelaide Pierucci
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Sabato 27 Gennaio 2018, 08:57 - Ultimo aggiornamento: 08:58


Il carnefice che si fa vittima. «Sono una persona perbene e tranquilla. Non un mostro». E chi lo ha accusato in aula, secondo lui, lo sapeva, ed è stato ingiusto. Partono da un presupposto le centodieci pagine con cui i giudici della III Corte di Assise di Roma hanno motivato la condanna di Valentino Talluto, l'untore di Hiv, a 24 anni di carcere. «E' un noto meccanismo quello per cui la vittima diventa carnefice», hanno scritto. Ed invece il carnefice è lui. Un ragazzo, che non si sente mostro, ma che nel contagiare le vittime, almeno ventinove, ha messo in campo «una volontà pianificatrice», collezionando una lunga serie di rapporti sessuali con i quali ha provocato e ha accettato le probabilità di contagio. «Non solo l'imputato ha previsto la possibilità del contagio» hanno aggiunto i giudici «ma ha accettato tale evento come prezzo eventuale per il raggiungimento di un determinato obiettivo, il soddisfacimento dei propri eccessi sessuali».

I RISCHI
Un prezzo che comporta il rischio della trasmissione di una malattia che Talluto conosceva bene, ha sottolineato la Corte. Perché ha perso la madre da bambino per l'Aids. E «tale decesso deve aver fatto maturare in lui, forse a sua volta contagiato proprio dalla madre, inequivoca e obiettiva certezza della gravità della malattia e dei suoi possibili infausti esiti». Che invece sarebbero stati puntualmente ignorati. Non avrebbe potuto reggere, poi secondo i giudici, la teoria difensiva della mancata consapevolezza della malattia, perché anche se registrata da anni, almeno dal 2006, lui si sentiva bene. Valentino Talluto, avrebbe avuto invece «ben chiara la concreta possibilità di provocare il contagio nelle sue partner al di là della portata della sua carica virale e della sintomatologia della malattia».

Tanto da ammetterlo in un interrogatorio: «Ho iniziato la cura quando ho cominciato a fare sul serio con G....», la sua ultima fidanzata, ora indagata per aver raccontato il falso in aula. Evidente, secondo i magistrati, «la volontà pianificatrice, delineata anche dal dato cronologico di una condotta criminosa che si protrae per anni e che per anni vede Talluto sistematicamente ogni volta, con ogni ragazza, nascondere il proprio stato di positività e ricercare, conquistata la fiducia, rapporti sessuali di ogni tipo, con coinvolgimento di conoscenti» e «senza protezioni». Stando alla Corte, presidente Evelina Canale, Valentino - assolto dall'accusa di epidemia dolosa (per la Corte non dimostrata) - «non merita le attenuanti generiche per la reiterazione delle gravi condotte anche in danno di persone giovani e inesperte per il protrarsi delle stesse nel corso delle indagini fino al giorno dell'arresto». Gli stessi giudici, inoltre, hanno sottolineano «l'assoluta mancanza di segni di ravvedimento e di ristoro, anche minimo, per gli immensi danni patiti dalle vittime». L'imputato piuttosto le ha private dell'unico bene di sua proprietà, un immobile sul litorale, venduto subito dopo l'avvio delle indagini.

 

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