Fuori dalla crisi più sani, adesso l'obiettivo è il 2%

Fuori dalla crisi più sani, adesso l'obiettivo è il 2%
di Gregorio De Felice
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Giovedì 21 Dicembre 2017, 08:47 - Ultimo aggiornamento: 10:32
Si chiude un anno importante per l'economia italiana, finalmente tornata a crescere grazie principalmente al contributo del settore manifatturiero che ha messo a segno un incremento del 2,3% dei ricavi a prezzi costanti. In molti obiettano che la crescita del Pil italiano (+1,5%) è ancora tra le minori nel confronto con gli altri Paesi dell'eurozona.

Senza nulla togliere alla necessità di consolidare e accelerare la ripresa in corso, va però riconosciuto che, in termini di Pil pro-capite, il dato italiano si colloca quest'anno al di sopra di quello tedesco e francese. La nostra dinamica demografica (progressivo invecchiamento della popolazione e poche nascite) non è quindi strutturalmente favorevole a ritmi di sviluppo più elevati.

Pur apprezzando l'accelerazione dei ritmi di attività economica, non possiamo tuttavia accontentarci o essere soddisfatti. Alcuni problemi endemici della nostra economia si sono nel frattempo aggravati, in particolare quelli legati ai conti pubblici e alla situazione del mercato del lavoro. Nel 2011, prima della crisi del debito, il tasso di disoccupazione dell'Italia era al 7%, oggi è all'11,1%; la disoccupazione giovanile nello stesso arco temporale è passata dal 28% al 35,7%. Il nostro debito pubblico è aumentato ancora: dal 103% del Pil nel 2011 al 132,6% di fine 2017, nonostante misure di correzione fiscale senza precedenti nella nostra storia economica. Quanto al 2018, secondo le nostre previsioni avremo un rallentamento del Pil (dall'1,5% all'1,3 per cento). Uno dei fattori di freno è rappresentato dal tasso di cambio: il 2017 era iniziato con un cambio euro/dollaro a 1,05 ed ora abbiamo una previsione media per il 2018 a 1,20. Altro elemento meno favorevole è costituito dalla politica di bilancio: gli ultimi tre anni hanno visto una politica fiscale moderatamente espansiva, dato che il deficit corretto per il ciclo è sempre aumentato. Non sarà così nel 2018, quando una seppur lieve correzione ci è richiesta.

QUALCHE CAUTELA
Ulteriori elementi di cautela sulla previsione per il 2018 sono dati dalla riduzione del programma di acquisti programmato dalla Bce, dalle possibili incertezze legate all'esito dell'appuntamento elettorale e infine da un generale minor dinamismo del ciclo economico europeo (prevediamo un rallentamento per l'area euro dal 2,3% all'1,8%). Nel 2018 il testimone della crescita passerà dai consumi agli investimenti, la variabile che maggiormente ha sofferto gli effetti della crisi del debito e della recessione. Dal 2007 al 2016 gli investimenti fissi lordi sono diminuiti in Italia del 24,3%; in Germania sono aumentati dell'8,8%. E' questo il vero spread dell'economia italiana. Oggi abbiamo una obsolescenza dei nostri impianti che raggiunge i 13 anni. Il Piano Industria 4.0 sta gradualmente modificando questo contesto.

Nei primi trimestri dell'anno le imprese sono state caute. Hanno studiato i nuovi incentivi governativi ma senza ancora investire. I progressi sono iniziati a metà anno con una considerevole accelerazione degli investimenti in macchinari.

Il nostro sistema produttivo ha subito una drastica selezione. Molte imprese presenti prima della crisi oggi non esistono più e hanno dovuto licenziare, ma chi è rimasto è uscito rafforzato. Se consideriamo la redditività delle imprese manifatturiere, il return on investment (Roi) è tornato ai valori del 2007, ossia intorno all'8%. La selezione ha premiato le imprese che hanno adottato scelte strategiche che puntano sulla innovazione, la qualità dei prodotti e una concezione evoluta dei processi di innovazione.

LA CONNESSIONE
Ora occorre affiancare agli incentivi per l'acquisto di macchinari, adeguate politiche di formazione. I processi di digitalizzazione devono essere accompagnati da una riqualificazione del capitale umano. Molte imprese in espansione lamentano una carenza di competenze e la difficoltà di assumere ingegneri e tecnici specializzati. Altro tema è quello della qualità della connessione. Se si passa al digitale, la filiera produttiva caratteristica del nostro sistema manifatturiero deve poter contare su elevati standard di affidabilità ed essere al sicuro da attacchi informatici. E' un altro tema su cui investire. Nonostante un andamento della produttività non esaltante, otteniamo ottimi risultati nella capacità di affermare i nostri prodotti sui mercati internazionali. Siamo il quinto Paese al mondo con il più ampio avanzo commerciale del settore manifatturiero dopo Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone. La previsione per il 2018 e il 2019 vede un ulteriore miglioramento rispettivamente a 91 e 95 miliardi di euro rispetto agli 87 di quest'anno.

A livello settoriale, la meccanica, principale fornitore dei beni necessari al rinnovamento in ottica 4.0, sarà protagonista del rafforzamento del manifatturiero con tassi di sviluppo intorno al 3% (a prezzi costanti) nel 2018-19. Cresceranno più della media anche altri settori a medio-alto contenuto tecnologico, autoveicoli e moto, farmaceutica, largo consumo ed elettrotecnica.

I progressi di quest'anno devono essere consolidati e resi permanenti. L'obiettivo di una crescita del Pil italiano al 2% è alla nostra portata. Lo dimostrano la vitalità della nostra industria, i successi del turismo, la capacità di adattarci rapidamente a nuovi contesti economici, la nostra cultura imprenditoriale. Non ci sono bolle speculative nel mercato immobiliare o in quello dei capitali. Abbiamo ancora un paio di anni con tassi particolarmente bassi. E' il momento di sfruttare la possibilità di accedere al credito a condizioni finanziarie particolarmente favorevoli e puntare allo sviluppo e all'espansione sui mercati interni e internazionali. Se non ora quando?
 
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