LA DECISIONE
Partiamo da qui. Lo scorso 15 dicembre, per esempio, è finito il mandato di Giuseppe Vegas a presidente della Consob. Lo stesso giorno, l'ex vice ministro del governo Berlusconi ha fatto gli scatoloni e ha lasciato gli uffici di Piazza Verdi. Per settimane è circolata una girandola di nomi per la sua successione, dall'attuale vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, passando per il capo di gabinetto di Pier Carlo Padoan, Roberto Garofoli, fino a Paolo Ciocca, vicedirettore generale del Dis. In questo caso Gentiloni, potrebbe fare un'eccezione, avrebbe deciso di procedere alla nomina. E lo farebbe in accordo con Forza Italia. Segno, secondo alcuni, di una prova di grande coalizione per il dopo voto. I nomi che circolano sono quelli di due superburocrati europei: Mario Nava e Marco Buti.
Diverso il caso dell'Authority dell'Energia, il cui consiglio, guidato da Guido Bortoni, scadrà il mese prossimo. Anche in questo caso nelle scorse settimane era circolata l'ipotesi di un blitz per portare al vertice dell'Energia, l'attuale ministro alla Coesione territoriale, Claudio De Vincenti. In questo caso si dovrebbe applicare la regola Gentiloni, sicché la decisione spetterà al prossimo esecutivo. Che sulle società pubbliche dovrà affrontare le nomine di due pezzi da novanta: le Ferrovie dello Stato e la Cassa depositi e prestiti. Per adesso alla guida della società dei treni c'è il renziano Renato Mazzoncini, subentrato in corsa a Michele Elia che, a sua volta, aveva preso il posto di Mauro Moretti. La guida di Cdp, vero polmone finanziario dello Stato, è affidata a Claudio Costamagna e all'ad Fabio Gallia (entrambi ex banchieri).
I DESTINI
Di là dei meriti, il loro destino è fortemente legato allo scenario post elettorale. Mazzoncini, per esempio, nel caso in cui dovesse nascere un governo di larghe intese, magari guidato dallo stesso Gentiloni, con il sostegno fondamentale dei deputati renziani, avrebbe buone chance di rimanere al suo posto. Nel caso in cui il centrodestra riuscisse a formare da solo un governo, le possibilità si ridurrebbero. Così come nel caso di una vittoria dei 5 Stelle. Discorso analogo anche per i vertici di Cassa, sebbene in questo caso, vista l'importanza strategica per la politica economica della Cdp, se la missione fosse ridefinita o modificata dallo stesso Gentiloni, non è scontato che gli attuali vertici possano accettare un mandato diverso da quello avuto a suo tempo quando al governo c'era Renzi.
Il ragionamento vale anche per le Agenzie fiscali. Quella delle Entrate oggi è guidata da Ernesto Maria Ruffini, renziano delle prima ora e, dunque, in predicato di una conferma nel caso in cui il prossimo esecutivo dovesse avere bisogno del sostegno decisivo dei deputati e dei senatori del Pd indipendentemente dalla bontà del suo operato. Stesso discorso per Giovanni Kessler, nuovo direttore dell'Agenzia delle dogane e dei Monopoli. Per entrambi, tutti gli altri risultati elettorali potrebbero portare al ricambio. Non saranno invece coinvolte nel giro di poltrone del prossimo anno le big quotate controllate dal Tesoro. I vertici di Eni, Enel, Terna e Poste sono tutti stati rinnovati quest'anno dallo stesso Gentiloni. Più probabile che i rinnovi avvengano alla naturale scadenza dei mandati, nel 2020. Salvo sorprese impossibili da escludere. Probabile allora, che l'investimento in sondaggi rimanga una priorità anche nelle prossime settimane.
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