Napoli, venti coltellate a un 17enne liceale. La mamma: «Volevano ucciderlo solo per farsi forti con un boss»

Napoli, venti coltellate a un 17enne liceale. La mamma: «Volevano ucciderlo solo per farsi forti con un boss»
di Maria Chiara Aulisio
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Mercoledì 20 Dicembre 2017, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 12:18
L’ultimo colpo glielo hanno inferto alla gola, doveva essere quello mortale che avrebbe portato via la vita a un ragazzino di diciassette anni colpevole solo di essere finito nel mirino di quattro delinquenti, quasi certamente minorenni, a caccia di emozioni forti in un freddo pomeriggio a pochi giorni dalle feste di Natale. Un'aggressione feroce, senza pietà e a volto scoperto: venti coltellate sferrate in tre, quattro minuti al massimo, sotto lo sguardo attonito di decine di passanti, poco dopo le cinque, in pieno giorno e in pieno shopping, tra piazza Cavour e via Foria, a due passi dalla caserma Garibaldi: «Ero a casa, bussa il mio cellulare. La voce di uno sconosciuto mi racconta che è accaduto qualcosa a mio figlio, “niente di grave”, anzi mi invita a stare tranquilla ma mi sollecita a raggiungerlo quanto prima». Una decina di minuti bastano alla mamma di Arturo per arrivare nella zona che l’uomo le aveva indicato: «Era a due passi da casa, ci ho messo pochissimo ma mentre camminavo continuavo a chiedermi che cosa potesse essere successo: Arturo era uscito da mezz’ora, a piedi, doveva solo andare a ritirare un certificato per il fratello dal medico di base, sarebbe tornato di lì a poco per rimettersi a studiare. Tutto qui».
Lo racconta Il Mattino.

Invece no. Dal medico il ragazzino non ci è mai arrivato perché lungo la strada ha avuto la sfortuna di imbattersi in una baby gang armata di coltelli in cerca di qualcuno su cui sfogare una violenza assurda e ingiustificata: «La prima cosa che ho visto sono stati i lampeggianti delle macchine della polizia. E poi gente che andava e veniva. Mi sono fatta largo tra la folla sperando di incontrare mio figlio: Arturo invece era a terra, in un lago di sangue e con una mano si stringeva il collo come a cercare di bloccare l’emorragia. Nei pochi minuti di lucidità prima di perdere conoscenza è riuscito solo a dirmi che era stato provocato e aggredito senza ragione da quattro ragazzini più piccoli di lui. Poi è arrivata l’ambulanza e lo hanno portato via».

Una scena agghiacciante che quella donna non dimenticherà mai più. «Una storia da arancia meccanica», la definisce: «Mi è sembrato di vivere Gomorra sulla mia pelle. Mi mancano le parole per descrivere quello che ho provato quando ho visto mio figlio ferito e insanguinato. No, non dovrebbe accadere mai a nessuno. E allora voglio lanciare un appello: sappiate che in giro ci sono quattro bestie criminali che potrebbero sgozzare chiunque. Bisogna fermarli a tutti i costi. Vi prego fatelo prima che sia troppo tardi altrimenti avrò difficoltà a continuare a credere nella giustizia e nella legalità. Così come ho sempre insegnato anche a mio figlio». 

Diciassette anni, studente al quarto anno in uno dei licei scientifici più prestigiosi del centro storico, bravo a scuola, affezionato alla famiglia e senza grilli per la testa. Non beve, non fuma, niente baretti o altri luoghi frequentati dalla movida serale, di droghe poi manco a parlarne. «Arturo studia molto e il sabato pomeriggio esce solo i compagni di scuola che sono stati qui con me al pronto soccorso fino a quando non hanno saputo che ce l’avrebbe fatta». Parla con grande compostezza, la mamma, professionista come il papà del ragazzo, un «bravo ragazzo». 
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