Spelacchio non era un regalo: «Al Comune è costato 8mila euro»

Spelacchio non era un regalo: «Al Comune è costato 8mila euro»
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 20 Dicembre 2017, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 01:06

Ma alla fine quanto è costato ai romani il povero Spelacchio, spernacchiato via social dai turisti di tutto il mondo? Il Campidoglio, in tutti i documenti interni, ripete che è stato donato «gratuitamente» dalla Magnifica comunità di Fiemme e che i costi messi a bilancio – circa 48mila euro, tre volte tanto rispetto all’anno passato... – riguardano “solo”, si fa per dire, il trasloco e l’allestimento della pianta in piazza Venezia. Invece no. La fornitura di questo abete rinsecchito e mesto è costata 8mila euro più Iva. Così si legge nel preventivo che la comunità montana del Trentino ha spedito il 24 ottobre scorso al Comune di Roma, un documento di cui Il Messaggero è venuto in possesso. Di più: in questa «offerta preliminare» viene allegata la foto di un «esemplare di abete rosso proposto come albero di Natale». E c’è una bella differenza tra l’immagine recapitata insieme al preventivo e il fusto emaciato piazzato davanti all’Altare della Patria alla vigilia dell’Immacolata. Agli ottomila euro dell’acquisto, si aggiungono i 41mila pagati per il trasporto, per un totale di 49mila euro. 

«NESSUNA DONAZIONE»
«La storia della donazione non è partita da noi, è un’imprecisione», conferma Ilario Cavada, il tecnico della comunità di Fiemme che ha firmato il preventivo. «Le spese le abbiamo fatte pagare». Fonti del Comune spiegano che la somma è stata inserita nell’appalto per il trasporto della pianta e che la ditta che si è aggiudicata la commessa (a trattativa diretta) avrebbe in qualche modo fatto da intermediario. L’albero, in ogni caso, non è stato concesso gratis, come si legge invece nella determina del Campidoglio del 13 novembre.

«SCAMPATO ALL’ALLUVIONE»
Se ne occuperà la Corte dei Conti, a cui il Codacons ha presentato un esposto; di certo l’albero non è stato un omaggio, al massimo un “pacco” (poco natalizio). Va detto che in Val di Fiemme lo difendono con un certo vigore. Prima che diventasse Spelacchio, raccontano, aveva superato prove estreme. «Era centenario ed era sopravvissuto perfino all’alluvione del ‘66 in Trentino», spiega Stefano Cattoi, dell’ufficio forestale della comunità montana. «Evidentemente quando è arrivato a Roma, non ha retto...».

Di chi è la colpa? Ieri sulla scrivania della sindaca Virginia Raggi è arrivata la relazione che avrebbe dovuto mettere la parola fine a questo avvilente intrigo natalizio tutto romano. Invece l’esito di questa indagine interna, condotta dagli agronomi comunali nella veste anomala di “007”, lascia tanti dubbi. Lascia sopratutto l’idea dell’ennesimo scaricabarile. I tecnici del Servizio giardini in sostanza dicono che la colpa è degli addobbi, agganciati con fili troppo stretti agli aghi “penzoloni” dell’alberone. Ma basta dare un’occhiata alle foto dell’arrivo della pianta a piazza Venezia, per rendersi conto che l’abete era già consumato dall’agonia. Ora proveranno a fare un po’ di luce i legali del Campidoglio, dato che, sempre per ordine della Raggi, il dossier è finito in mano all’Avvocatura. E Spelacchio? «Arriverà qualche palla in più», trapela dal Comune. Un po’ di maquillage prima del veglione. O, per chi su Facebook sogna già di fare il funerale al povero albero il 25 dicembre, un tocco di tanatoestetica.
 

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