Milan, ringhiare senza giocare: i problemi non si risolvono così

Milan, ringhiare senza giocare: i problemi non si risolvono così
di Gianfranco Teotino
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Lunedì 4 Dicembre 2017, 10:38
Se qualcosa può andare male, andrà male. Un punto in Serie A era ovvio che prima o poi il Benevento lo facesse e infatti erano molti i milanisti che già si sentivano vittime designate, soprattutto quelli che ai primi di agosto riempivano San Siro per un preliminare di Europa League, animati da 230 milioni di sogni, tanti quanti gli euro spesi dalla società sul mercato. Sogni che ci sono via via sgretolati, mano a mano che la squadra perdeva partite, mentre i dubbi sulla consistenza della proprietà spendacciona venivano alimentati dalla stampa finanziaria internazionale. Ma neppure il più cupo pessimista avrebbe potuto immaginare di prendere l’ennesimo gol decisivo stavolta addirittura da un portiere.

 

COME ATTIRARE I GUAI
Tuttavia appellarsi alla legge di Murphy, che pure in casi come questo scatta implacabile, sarebbe troppo comodo. La sensazione è che il Milan stia facendo di tutto per attirarli i guai, non per scacciarli. Il cambio di allenatore è arrivato nel momento più sorprendente, cioè quando pareva che Montella fosse sul punto per lo meno di dare un senso a una rosa che un senso non ce l’ha. Non che avesse risolto i problemi, ma una strada per crescere l’aveva trovata. L’hanno mandato via senza un vero perché (semmai avrebbero dovuto farlo prima) e senza avere un’alternativa all’altezza. Gattuso sembra un azzardo, un facile tentativo di captatio benevolentiae della gente rossonera. Sarebbe ingiusto giudicare l’operato di un allenatore dalla prima partita e dopo cinque giorni di lavoro. Eppure, le prime indicazioni non sono incoraggianti. La formazione schierata era la stessa cui era arrivato Montella (unica differenza Mustafi per Zapata, c’era Montolivo perché Biglia è in ritardo di condizione), ma l’atteggiamento molto diverso: baricentro più basso, rinuncia al pressing, poco interesse al possesso palla. In altre parole, una squadra più preoccupata di difendersi che di attaccare, non solo quando si è trovata in vantaggio più per carenze degli avversari che per meriti propri. Gattuso ha mostrato di avere così poca fiducia nel gioco, e anche nell’indiscutibile superiorità tecnica dei suoi, da imbottirsi di difensori nel finale, una volta rimasto in inferiorità numerica, e da dare alla squadra l’indicazione di rinchiudersi nel fortino e rinunciare completamente alla manovra, arretrando, arretrando, fino a trovarsi nella propria area di rigore persino il portiere avversario. Le partite non si vincono esclusivamente con la grinta, bisogna giocare al calcio. Quali che siano le qualità tecniche del nuovo allenatore, le scopriremo in seguito, il cambio Montella-Gattuso ha dato invece proprio il segnale che sia più importante ringhiare che giocare. Ma il cuore rossonero non basta. Altrimenti i vari Seedorf, Inzaghi, Brocchi sarebbero ancora su quella panchina.
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