Vaticano, il cardinale Comastri si difende: «Non ci furono abusi nel pre-seminario, le indagini partirono subito dopo le lettere anonime»

Vaticano, il cardinale Comastri si difende: «Non ci furono abusi nel pre-seminario, le indagini partirono subito dopo le lettere anonime»
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 22 Novembre 2017, 18:31 - Ultimo aggiornamento: 20:21
CITTA' DEL VATICANO - «A me non risulta che ci siano stati abusi». Pausa. «Feci fare due indagini immediatamente dopo aver ricevuto le lettere anonime». Pausa. «Non ho mai saputo di ragazzi molestati». Il cardinale Angelo Comastri si difende. In questi giorni ha tranquillizzato diversi genitori che hanno mandato i figli a studiare al pre-seminario in Vaticano, una specie di collegio prestigioso nato negli anni Cinquanta grazie ad un lascito della diocesi di Como per coltivare future vocazioni. Sulla sua scrivania c'è un corposo fascicolo. «Si prenda il tempo necessario e guardi le carte per favore». La vicenda dei chierichetti del Papa è al centro di un caso scabroso, dai contorni sfilacciati. Si trascina sulla base delle rivelazioni di un ex allievo polacco, Kamil Jarzembowski, che ha raccontato in tv e nel libro di Gianluigi Nuzzi di essere stato testimone di giochi erotici tra due compagni all'interno del convitto. Quando la sera le porte delle stanze si chiudevano, avrebbe visto in azione per 140 volte il molestatore, un ragazzo di qualche anno più grande, in seguito ordinato prete. Le rivelazioni di Kamil hanno portato il Vaticano ad aprire a gennaio scorso un supplemento di indagine. Comastri ha trasmesso agli inquirenti il fascicolo contenente tutti i documenti dell'epoca.

LETTERE ANONIME La prima lettera anonima venne imbucata a Torino il 22 agosto 2012. La firma è illeggibile, uno scarabocchio. Chi scrive dice di essere la mamma di un bambino di 11 anni che ha frequentato per 20 giorni la colonia estiva. Non fornisce nomi, né recapiti per potersi mettere in contatto con chi accusa. «Mio figlio mi ha raccontato che don Enrico ha compiuto gesti nei suoi confronti poco morali ed etici». Don Enrico Radice è il superiore del convitto incaricato di fare da tutor ai bambini. La signora chiede che venga spostato ad un altro incarico, altrimenti, scrive, sarò «costretta ad andare in tv e a rivolgermi alle autorità giudiziarie competenti; ho moltissimi amici che mi intervisterebbero subito su un argomento come questo». Ricevuta la lettera,  Comastri ordinò all'allora vescovo di Como, Diego Coletti – giuridicamente responsabile dello staff del pre seminario – di attivarsi immediatamente per verificare le accuse. Il 27 agosto Coletti informò di avere convocato don Enrico Radice e il suo superiore don Angelo Magistrelli. Entrambi sotto giuramento riferirono di non avere mai sentito di disagi o situazioni morbose.  Coletti fa notare che «la calligrafia della firma è diversa da quella dell'indirizzo sulla busta e sorprendentemente uguale a quella usata da un ex alunno del pre seminario che si esercitò due anni or sono in una abbondante e devastante esercizio di lettere anonime con firme false anche di cardinali per accusare molti ecclesiastici». Per Coletti sembra sufficiente per archiviare il caso. Comastri però insiste e richiede altre misure di precauzione, tra cui il ricambio dello staff al pre seminario. In quel periodo,  di lettere anonime ne circolavano parecchie, per screditare, gettare fango, insinuare dubbi. Venne anche individuato come autore un sacerdote abruzzese che puntava ad entrare nella struttura del pre-seminario. Il Vaticano provvede ad allontanarlo, ma le lettere anonime continuano.

ACCUSE Un altro ex seminarista nel luglio di quell'anno fece al vescovo di Como il nome di un allievo più grande, divenuto in seguito sacerdote. Lo stesso seminarista accusato anche da Kamil. Coletti ritorna a Roma per raccogliere altre deposizioni sotto giuramento, incontra gli insegnanti, gli inservienti del convitto, i sacerdoti. Il rapporto finale porta la data del 17 gennaio 2014. Coletti scrive: «In merito ai fatti, ho costatato personalmente la loro infondatezza. Le informazioni raccolte depongono in quella linea. Ci sono più di 50 persone disponibili a difendere Gabriele Martinelli mostrando la pretestuosità delle accuse, come pure la macchinazione ordita da XX (il sacerdote abruzzese ndr). Ritengo dunque non sussistere fumus alcuno della gravità dei fatti di cui accusano le persone nelle lettere, ritengo dunque in coscienza non sia necessario procedere ad ulteriora». I genitori sono sconcertati. Le voci all'interno del collegio varcano i confini. Stavolta è una mamma polacca a farsi viva per difendere il collegio. «Noi tutti sappiamo da mio figlio che non sono mai successi in pro seminario casi di pedofilia (…) Voglio dire questa verità perché ci sono persone che vogliono calunniare don Enrico solo per vendicarsi, visto che e’ stato costretto per motivi importanti a mandare via Kamil». I motivi importanti li spiega il cardinale Comastri:  «Kamil scappò per qualche giorno dal collegio per inseguire un ragazzo in una città del Nord Italia».  Il figlio della signora, Michal Brywczinski, descrive i suoi otto anni nel convitto «positivamente. Mai sentito di storie di abusi o molestie quando c'ero io. Mai ascoltato voci nemmeno dopo. Siamo tutti perplessi per quello che sta accadendo. E' sconcertante». E Kamil? «Quando lui è arrivato per frequentare la prima media io ero già all'ultimo anno di liceo. Ho parlato tanto con lui. Non mi ha mai riferito nulla. Il clima era buono».  Cosa c'è di vero? Cosa è accaduto in quelle stanze? E' forse venuta a mancare una vigilanza appropriata da parte dello staff interno alla struttura? Dal quadro che emerge sembra che la struttura sia finita nella trama di inconfessabili vendette trasversali interne. Macigni, insinuazioni  terrificanti, ormai difficili da togliere di mezzo anche se ogni passaggio in questi ultimi anni, nel pre seminario, è stato passato sotto la lente d’ingrandimento attraverso due differenti fasi di indagini e una terza aperta da otto mesi. Il cardinale Comastri, sgomento, pensa anche a  Kamil. «Quando venne allontanato, sapevo che aveva difficoltà per poter continuare gli studi, e lo ho aiutato. Lo ho fatto più volte e lo rifarei ancora».
 


 
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