Corea del Nord, Kim Jong un mette al bando il divertimento: «Proibite feste con alcol e canti»

Corea del Nord, Kim Jong un mette al bando il divertimento: «Proibite feste con alcol e canti»
di Federica Macagnone
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Mercoledì 22 Novembre 2017, 18:56 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 13:57

Nuova dimostrazione di forza di Kim Jong-un alla popolazione: questa volta, a finire nel mirino del dittatore, sono stati i divertimenti e, in particolare, le feste a base di alcol e canti che sono state bandite dalla Corea del Nord.
La notizia, riportata dall'agenzia Yonhap, è stata confermata anche dal National Intelligence Service della Corea del Sud: Pyongyang sta cercando di arginare il dissesto economico tra i suoi cittadini, visto che le sanzioni delle Nazioni Unite - imposte dopo i ripetuti test missilistici e nucleari - hanno iniziato a influenzare l'economia del Paese. 

«Pyongyang ha vietato qualsiasi riunione legata al bere, cantare e altri divertimenti - fanno sapere dalla Corea del Sud - e sta rafforzando il controllo delle informazioni esterne». Il nuovo divieto arriva a poco più di 4 mesi dalla cancellazione del Pyongyang Beer Festival: non c'era statai alcuna comunicazione sul perché l'evento fosse stato annullato, ma alcune agenzie che organizzavano tour in occasione si riferirono a un possibile rischio siccità.

Pyongyang: «Black list grave provocazione degli Usa». La Corea del Nord, nelle scorse ore, aveva denunciato gli Usa per averla inserita per la prima volta in nove anni nella lista dei Paesi accusati di essere sponsor del terrorismo, definendo la mossa come una «grave provocazione». Un portavoce del ministero degli Esteri, attraverso la Kcna, ha criticato pesantemente anche le nuove sanzioni unilaterali varate dal Tesoro americano, in quella che è la prima reazione ufficiale di Pyongyang alle ultime misure dell'amministrazione di Donald Trump per aumentare la pressione sul leader Kim Jong-un a favore del tavolo negoziale.
«Il Paese non ha alcuna connessione con il terrorismo e non ci interessa che gli Usa mettano o meno il cappello del terrorismo sulle nostre teste» continua il dispaccio della Kcna, secondo cui l'azione Usa è una potente violazione di diritti e dignità di Pyongyang. Una mossa che conferma, ancora una volta, la piena validità del mantenimento della "spada nucleare" a difesa dall'ostilità americana. «Gli Usa manterranno le responsabilità per tutte le conseguenze generate dalle imprudenti provocazioni alla Corea del Nord», conclude il portavoce del ministero degli Esteri. La decisione sul ritorno di Pyongyang nella lista nera degli Stati sponsor del terrorismo internazionale ha tuttavia effetti pratici limitati: secondo gli esperti, infatti, potrebbe addirittura rendere più difficile la ricerca di una soluzione diplomatica allo stallo negoziale sull'abbandono delle ambizioni nucleari e missilistiche di Kim Jong-un.

Cina: «No sanzioni unilaterali». Intanto la Cina si è opposta alle sanzioni unilaterali fuori dagli schemi messi a punto dal Consiglio di sicurezza dell'Onu e alle pratiche di altri Paesi, definite come la «lunga mano giurisdizionale» a danno di sue entità. Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang in merito alle ultime restrizioni annunciate dal Tesoro Usa contro 13 soggetti individuali o societari, di cui quattro cinesi e 9 nordcoreani. La mossa fa parte del ciclo di sanzioni «al più alto livello» annunciate dall'amministrazione di Donald Trump nell'arco delle due prossime settimane per spingere Pyongyang, con l'ausilio di tutta la comunità internazionale, a fermare i suoi piani nucleari e missilistici. «La Cina - ha aggiunto Lu nella conferenza stampa - è impegnata a rendere effettive le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Ci opponiamo alle misure sulla base delle leggi locali che colpiscono entità legate alla Cina. È una pratica sbagliata».

Alla domanda su possibili indagini sui rilievi sollevati da Washington, Lu ha replicato che «se ci sono solide evidenze, siamo pronti a collaborare, ma in linea di principio ci opponiamo a sanzioni unilaterali.

Gli Usa conoscono in modo molto chiaro questa posizione». Delle quattro entità cinesi, tre sono compagnie attive nella città di confine di Dandong e sono accusate di aver effettuato esportazioni per circa 650 milioni di dollari e importato beni dal Nord del controvalore di oltre 100 milioni. Il quarto soggetto finito nel mirino è una persona, individuata come Sun Sidong, sempre di Dandong, responsibile di un export di oltre 28 milioni nell'arco di diversi anni. La Cina vale il 90% circa dell'interscambio commerciale di Pyongyang, essendo il primario fornitore di petrolio e prodotti raffinati. Una delle nove entità nordcoreane ha operato in Cina, Russia, Cambogia e Polonia nella gestione della forza lavoro, una delle fonti primarie di valuta estera. Il Tesoro Usa ha poi iscritto nella lista nera 20 navi usate dal Nord per le attività di trading e trasporto.

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