Sofferenze bancarie, primo banco di prova dei nuovi equilibri tra le istituzioni europee

Sofferenze bancarie, primo banco di prova dei nuovi equilibri tra le istituzioni europee
di Rosario Dimito
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Giovedì 16 Novembre 2017, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 09:01
MILANO Una nuova Europa sembra nascere, con la politica che si riprende il suo posto rispetto alla burocrazia. E il primo esempio di quello che potrebbe rappresentare il nuovo corso si è avuto nella vicenda delle sofferenze bancarie (ormai note anche come Npl) con il braccio di ferro tra la Vigilanza Bce guidata da Danièle Nouy e l'Europarlamento rappresentato dal presidente Antonio Tajani. «La crescita va incoraggiata, non ingabbiata - ha detto il premier Paolo Gentiloni giovedì 9 durante l'evento del Messaggero - bisogna evitare di introdurre fattori di crisi e instabilità». «Le regole devono essere decise dai legislatori, non dai funzionari il cui compito è applicare quanto stabilisce il Parlamento», gli ha fatto eco dalla stessa tribuna Tajani. Che ha concluso: «E' necessario restituire alla politica un ruolo centrale».

E Roberto Gualtieri, presidente della Commissione per i problemi economici al Parlamento Ue, davanti alla quale nel pomeriggio di giovedì 9 c'è stata la retromarcia della Nouy sull'Addendum che vorrebbe irrigidire ulteriormente le modalità con cui mantenere nei bilanci bancari gli Npl (un problema che grava soprattutto sul sistema Italia), puntualizza: «Effettivamente il livello dei crediti deteriorati si sta riducendo in modo significativo in tutti i paesi compresa l'Italia. Ciò non toglie che sia utile rafforzare questo trend. Il punto è che queste misure devono essere efficaci e calibrate con attenzione e la fuga in avanti della Vigilanza Bce non ha prodotto un risultato della qualità necessaria». La lezione sembra essere stata recepita dai funzionari della Bce. «Per quanto riguarda il discusso addendum sui nuovi Npl», ha detto Sabine Lautenschlaeger, vicepresidente della Vigilanza martedì 14, questi dovrebbero essere «coperti cautelativamente entro un periodo di tempo ragionevole» con l'obiettivo principale di «evitare che diventino un problema con implicazioni sistemiche». Tuttavia «anche se le nostre aspettative restano ben salde, non ci saranno inizi di procedura in automatico». La svolta è ovviamente musica per le orecchie dei banchieri italiani, la cui preoccupazione è anzitutto quella di dover ridurre la quantità di prestiti erogati al sistema. «Penso che l'impopolarità degli scorsi anni dell'Unione europea dipenda molto da eccessi di burocratizzazione, che sono cresciuti e che non hanno una popolarità non solo nel cittadino comune ma anche tra gli addetti ai lavori, spiega a sua volta Antonio Patuelli,che ha ospitato l'evento del Messaggero quale presidente dell'Abi. In questo contesto non va taciuta una certa confusione sui controlli tra le varie Authority e sui tempi troppo lunghi della giustizia italiana (un processo di recupero crediti dura circa 7,5 anni contro una media europea di 2 anni).

Dopo il ripensamento della Nouy, si guarda avanti. Il punto è avere certezza di superare il meccanismo automatico, che richiederebbe una modifica legislativa. «La Vigilanza Bce può chiedere a un istituto di credito di aumentare gli accantonamenti se l'applicazione delle norme contabili appare non sufficientemente rigorosa - prosegue Gualtieri che con Tajani ha tessuto la tela per favorire la svolta in Europa - ma deve farlo sulla base di una valutazione specifica di quel portafoglio di crediti e dopo un dialogo con quella banca. Ciò consentirebbe anche di valutare in modo più granulare e adeguato i diversi tipi di sofferenze bancarie».

Le banche italiane dal canto loro, stanno facendo la loro parte. L'esempio di Banco Bpm è eloquente: Giuseppe Castagna, con una iniziativa autonoma, ha deciso di anticipare di 18 mesi lo smaltimento di 8 miliardi di Npl facendo già partire l'asta sull'ultima tranche da 3 miliardi. Anche altri istituti si stanno muovendo sulla stessa direzione, alzando le coperture. Su uno stock lordo di 219 miliardi in pancia alle prime dieci grandi banche italiane, 59,6 miliardi dovrebbero essere smaltiti entro tre d'anni: se le regole non cambieranno ancora, gli istituti potranno continuare a sostenere famiglie e pmi guidando la ripresa. E affinché non cambino secondo principi arbitrari, è indispensabile che la politica sia sempre più presente quando si tratta di introdurre nuove procedure.