Lotito alla Sinagoga, il gelo della Comunità ebraica: «Iniziativa non concordata»

Claudio Lotito alla Sinagoga di Roma (Foto Toiati/Fabiano)
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 24 Ottobre 2017, 14:03 - Ultimo aggiornamento: 25 Ottobre, 07:46

Quando la berlina di Claudio Lotito arriva davanti al Tempio Maggiore,  su lungotevere de' Cenci, ad aspettarlo c'è solo una selva di cronisti e cameraman. Non si fanno vedere, invece, i rappresentanti della Comunità ebraica di Roma, i primi a condannare gli adesivi della vergogna incollati allo Stadio Olimpico dagli ultrà biancocelesti, domenica scorsa, durante Lazio-Cagliari. Il presidente della Lazio prende le distanze dalle decalcomanie con l'immagine di Anna Frank che indossa la maglia della Roma: «Non c'entriamo nulla, non servono strumentalizzazioni», dice Lotito.
 

 

Mentre parla e mentre depone tre corone di fiori a nome della società biancoceleste, dai portoni della Sinagoga non esce nessuno. «Questa iniziativa non era stata concordata con noi», spiegano fonti della Comunità ebraica.  Il messaggio è chiaro: «Oltre ai gesti servirebbero iniziative concrete da parte di tutti i club». 

Chi prende le distanze ufficialmente è il rabbino Roberto Della Rocca, direttore dell'Area Cultura e Formazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. «Se fossi un rappresentante della Comunità ebraica di Roma - dice , in un intrevento pubblicato oggi sul quotidiano Pagine Ebraiche 24 - oggi non accoglierei Lotito davanti alla lapide dei deportati ebrei dai nazifascisti nei campi di sterminio. Farei piuttosto riportare la sua corona di fiori sugli spalti della Curva Nord dello stadio Olimpico con scritta la citazione del Talmùd: ci sono persone vive che sono come morte e ci sono persone morte che restano sempre vive».

«La Comunità non è una lavatrice, né un luogo dove si presenta un omaggio floreale e si risolve tutto. Non si può pensare di aggiustare le cose facendo un'apparizione davanti ad una marea di giornalisti», ha detto all'Ansa il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, secondo cui invece «servono iniziative concrete, anche repressive. C'è stanchezza e insoddisfazione nella Comunità per queste apparizioni che potrebbero sembrare risolutorie».

Nel pomeriggio è intervenuta anche la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, senza mai menzionare la Lazio. ​«Prendiamo atto - ha detto Dureghello - con soddisfazione della risposta delle istituzioni e della società civile alle manifestazioni antisemite avvenute allo stadio Olimpico, questo rappresenta la presa di coscienza di un problema che non riguarda esclusivamente le comunità ebraiche, ma l'intera collettività. Auspichiamo quindi che il governo, le procure e le altre autorità preposte, agiscano affinché le leggi del nostro Stato vengano rispettate ovunque e non esistano più territori franchi come sono state alcune curve fino ad oggi». Per la presidente della Comunità ebraica, «ben vengano le iniziative delle singole società, serve però una riflessione più ampia, che coinvolga le istituzioni politiche, dello sport e le società di calcio affinché il fenomeno venga definitivamente debellato. Il rischio è che spenti i riflettori ci si dimentichi della necessità di risolvere un problema che offende la società civile e penalizza la parte sana del tifo in Italia».

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