Raffaello e il mistero della salma perduta

Raffaello e il mistero della salma perduta
di Fabio Isman
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Domenica 22 Ottobre 2017, 10:47 - Ultimo aggiornamento: 24 Ottobre, 18:36
Nel Pantheon, il meglio conservato tra tutti i monumenti dell'Urbe antica e la più grande volta intatta della Roma che fu, sono sepolte 11 persone. Tre sono i Savoia reali: Vittorio Emanuele II, il «re galantuomo» e «padre della Patria», morto nel 1878 (voleva essere tumulato nella basilica torinese di Superga; ma il figlio Umberto I accettò la richiesta del Comune di Roma che rimanesse nella Capitale); appunto Umberto I, assassinato a Monza nel 1900, e sua moglie Margherita, morta nel 1926, e tra le prime ad utilizzare l'automobile: nel 1905, percorse 5.000 chilometri in mezz'Europa su un'Itala detta «Sparviero».
Gli altri sono il musicista Arcangelo Corelli, e degli artisti. Primo tra tutti, lo sappiamo, il «divino» Raffaello Sanzio, morto ad appena 37 anni il 6 aprile 1520, Venerdì santo. E vicino a lui, Baldassarre Peruzzi (lo dicono sia Giorgio Vasari, sia una lapide collocata dai senesi nel 1921), ed Annibale Carracci (un'epigrafe di Carlo Maratta, 1674, lo commemora con il Sanzio). Sono invece nella cappella dei Virtuosi del Pantheon: lo scultore Flaminio Vacca, nonché i pittori Taddeo Zuccari e Perin del Vaga. Vi giace anche Giovanni da Udine, che completò le Logge Vaticane note con il nome del suo maestro; ma questo, lo dice soltanto l'artista e scrittore aretino. Sempre secondo Vasari, Raffaello se ne va dopo 15 giorni di malattia: febbre «continua e acuta» per «eccessi amorosi». Il primo «cronista d'arte» della storia, Marcantonio Michiel, nobile veneziano che descrive 469 quadri da lui visti nelle dimore private a Venezia e migliaia altrove (anche Roma), racconta pure i segnali straordinari che accompagnano il trapasso, e così lo assimilano a quello di Cristo: cieli agitati, e una crepa che scuote il palazzo forse per un piccolo terremoto, tanto che Pico della Mirandola lascia le proprie stanze, e si rifugia in quelle papali.
LA MORTE
Pochi giorni prima, nella camera era stato piazzato l'ultimo capolavoro, ora ai Musei Vaticani, la Trasfigurazione; «l'opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l'anima di dolore a ognuno che quivi guardava» (ancora Vasari). Secondo alcuni, fino a Pasqua sfilarono, piangendo, «tutti i romani e gli stranieri che si trovavano in città». La casa di Borgo dove questo avviene, abbattuta per lo sventramento del 1936, è ricostruita, ruotata di 90 gradi, perché guardi via della Conciliazione: è sulla destra, andando a San Pietro. Pietro Bembo, famoso umanista detta un distico latino: «Qui giace Raffaello dal quale, lui vivente, la natura temette di essere vinta e, lui morente, di morire anch'essa». È sotto la Madonna del Sasso, commissionata per questo da Sanzio al suo allievo Lorenzo Lotti, detto Lorenzetto, e rifinita da Raffaello da Montelupo.
IL SEPOLCRO
Però, fino all'Ottocento, la tomba si era perduta, e la salma non si sapeva più dove fosse. Da qualche parte nel Pantheon, come da tradizione; o in Santa Maria sopra Minerva, come riteneva l'abate Carlo Fea, che era commissario alle antichità? Chi voleva scavare, e chi no, temendo un risultato negativo. Alla fine, sono decisi i lavori. Segretissimi: appena 75 persone informate; prelati, i presidenti dei Virtuosi del Pantheon, dell'Accademia di San Luca e degli archeologi. Più un notaio. Iniziano il 9 settembre 1833. Un metro e 20 sotto l'altare della Madonna del Sasso, solo tanti scheletri e ossa. I due architetti responsabili, pensano di guardare dietro l'edicola, dove c'era una tra le tante case allora addossate al monumento. E in cantina, cinque giorni dopo, trovano un piccolo arco, con tracce dei marmi che un tempo lo ornavano. Portava a un cunicolo. Scrive il notaio capitolino Augusto Apolloni: si ritrova «una cassa di legno, parte della quale immedesimata nel cemento della muratura». La si apre: «Scheletro illeso da oltre tre secoli». Analisi. Antonio Trasmondi, chirurgo, conferma. Gregorio XVI Cappellari manda dai Musei Vaticani un sarcofago di marmo. Il 18 ottobre si ripete così il rito dell'inumazione, con la massima solennità: cori, e preci.
 
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