Lamezia Terme, sigilli al depuratore: invece di filtrare i liquami fognari inquinava

L'impianto sequestrato in località Mulia di Platania (CZ)
di Mario Meliadò
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Mercoledì 13 Settembre 2017, 19:37 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 12:26

Invece di contribuire alla salubrità e sicurezza dell’ecosistema, il depuratore di Platania – poco più di duemila anime sulle alture del Reventino, non lontano da Lamezia Terme – inquinava, sversando liquami fognari in un affluente del fiume Amato.

L’hanno appurato gli uomini del Team interforze composto da personale della Stazione navale della Guardia di finanza, della Guardia costiera di Vibo Valentia, dei Carabinieri del Noe (il Nucleo operativo ecologico) di Catanzaro e del Gruppo Carabinieri forestali di Catanzaro – in stretta sinergia con gli addetti dell’Arpacal, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in Calabria , che per questa ragione hanno posto l’impianto sotto sequestro, denunciando inoltre a piede libero l’elemento apicale dell’insieme di quattro società che gestisce l’impianto di località Mulia.

 

 

 
Specifiche verifiche promosse dal neoprocuratore capo di Lamezia Salvatore Curcio intorno alla regolarità delle attività di depurazione nell’area hanno consentito d’accertare «gravi criticità e difformità» del depuratore di Platania rispetto alle prescrizioni normative, con un micidiale riverbero sulla salubrità delle acque del “fosso Coschino”, affluente del fiume Amato.

La situazione concreta era infernale. Altro che filtraggio: in realtà, una condotta di bypass dell’impianto scaricava liquami fognari non depurati nel piccolo corso d’acqua, determinando conseguenze molto gravi in termini d’inquinamento idrogeologico dell’intera zona. I fanghi, non filtrati, contaminavano il fosso, convogliando nel fiume Amato e di qui finendo dritti nelle acque del mar Tirreno in cui l'Amato sfocia, inquinandolo.
 
Inevitabile il sequestro preventivo del depuratore – che di fatto però resta operativo, per «ragioni di pubblica utilità» – operato il 5 settembre scorso ai sensi dell’articolo 674 del Codice penale (getto pericoloso di cose), cui si unisce la denuncia a piede libero ai danni dell’amministratore unico della società capogruppo del Raggruppamento temporaneo d’imprese cui è stato affidata la gestione del sito per la gestione dei reflui urbani di Platania.

L’amministratore unico della catanzarese Minieri King Elettrica (società capofila dell’Rti “Mke srl e Mke Ecologistica srl”) risulta peraltro particolarmente sfortunato: l’Ente comunale ha aggiudicato al raggruppamento d’imprese la gara telematica "a procedura aperta", finalizzata all’assegnazione triennale della gestione dei depuratori di località Mulia come pure di località Manca, solamente il 4 agosto scorso, battendo i tre competitor grazie a un offerta di neanche 67mila euro a fronte dei 72mila a base di gara.

L’ordinanza di convalida del sequestro del depuratore è stata firmata l’11 settembre, come reso noto giusto in queste ore. I tecnici Arpacal, subito chiamati in causa, hanno campionato sedimenti e liquami sversati per poi poter valutare adeguatamente il tipo di rifiuto scaricato nelle acque dell’Amato e, in sostanza, il grado d’inquinamento illecitamente prodotto.
 
Va anche detto che in questo piccolo centro in provincia di Catanzaro già nel 2010 era scattato il sequestro per entrambi i depuratori (frazioni Manca e Mulia) del territorio comunale di Platania, a causa dell’inquinamento delle acque del Tirreno causato dall’insufficiente funzionamento dei due impianti.

Dopo la sigla del protocollo volto alla verifica “a tappeto” dei depuratori nella zona, dall’aprile scorso già dieci impianti del Lametino sono stati controllati dall’apposito Team interforze; a tre di questi sono stati apposti i sigilli.


 

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