Lo scrittore Antonio Manzini: «Il mio Rocco sconfitto dall’Italia dei complotti»

Lo scrittore Antonio Manzini: «Il mio Rocco sconfitto dall’Italia dei complotti»
di Francesco Musolino
5 Minuti di Lettura
Venerdì 8 Settembre 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 11 Settembre, 21:43
Non c’è pace per il vicequestore Rocco Schiavone. Confinato ad Aosta, lontanissimo dalla sua amata Roma, in Pulvis et Umbra - il sesto libro della fortunatissima serie firmata da Antonio Manzini per Sellerio editore (pp.416 euro 15) - ha perso persino il suo ufficio, finendo in poco più che uno sgabuzzino per le scope. Ai piani alti lo hanno preso di mira e nonostante le tante indagini chiuse con successo, si profilano nubi all’orizzonte. Stavolta Schiavone dovrà indagare su due omicidi e finirà per trovarsi invischiato in qualcosa più grande di lui, fra complotti, ragion di Stato e tradimenti da mandare giù. Antonio Manzini, romano e romanista verace, torna in pagina - attesissimo dopo il grande successo della serie tv su Rai Due con Marco Giallini protagonista - con un noir vivace, rivelando il passato dell’agente Caterina Rispoli e creando un nuovo, colorito, personaggio: Michela Gambino, commissario alla scientifica. Manzini oggi sarà a Mantova al Festivaletteratura (h18.30), il 15 settembre a PordenoneLegge e a fine settembre, fra Roma e Aosta, partiranno le riprese della seconda stagione televisiva.

Rocco stavolta deve fronteggiare l’Italia dei complotti. All’inizio sembra una farsa ma le cose si complicano… 
«Rocco stavolta esce sconfitto, diciamolo chiaramente. Ma L’Italia ha una contro storia fatta del lavoro dei servizi segreti e della ragione di stato che vola alta, sopra la testa di Rocco, sopra la testa di tutti noi che non possiamo fare altro che accettarli. Ma nella vita ci sono anche le sconfitte e bisogna anche saper reagire nel modo giusto».

Ovvero?
«Rocco festeggia le vittorie ma soprattutto le sconfitte perché ti fanno crescere e ti fanno capire che i nostri patemi d’animo sono poca cosa».

In questo libro impariamo a conoscere anche Gabriele, il giovane vicino di casa.
«Gabriele mi ha sorpreso, sì. Si è intrufolato in pagina, si è preso lo spazio e Rocco lo tratta malissimo eppure gli ha aperto le porte di casa e forse, chissà, inizia a pensare alla propria vita in un senso diverso con malinconia. Sa, si invecchia e le prospettive cambiano…» 

Anche a lei è successo?
«Sì, per fortuna mi accade di continuo che la vita mi sorprenda, nel bene e nel male».

E se non bastassero i complotti, Rocco deve ingoiare anche due tradimenti. Fanno parte del gioco?
«Purtroppo sì e non c’è una ricetta per reagire, ognuno li vive a proprio modo. Di certo i tradimenti logorano il nostro amor proprio e la fiducia perché rendono evidente il fatto che non siamo gli unici sulla piazza e forse c’è persino di meglio. La gelosia, per esperienza, è solo frutto di una ferita, di una insicurezza mal digerita. Rocco deve accettare i tradimenti. Se la prende in saccoccia e va avanti».

L’agente Caterina Rispoli riuscirà a far breccia nel cuore di Rocco?
«Caterina e Rocco insieme? Chissà. A me piace sempre di più raccontare la storia di Rocco, il suo passato ancora da scoprire e ciò che lo aspetta alla prossima curva. Ma devo anche inventare nuovi casi e nuove indagini e questo, giocoforza, lo porta vicino a Caterina. E non solo».

Alla messa in onda su RaiDue ci sono stati ferventi polemiche per via del fatto che Schiavone si fa le canne. Sorpreso?
«Parecchio. Rocco si fuma canne ma soprattutto ruba. Ecco, a mio avviso rubare alle casse dello Stato è molto più grave che fumarsi una canna, eppure l’opinione pubblica si indigna molto di più per un politico che consuma marijuana anziché per uno che viene corrotto. Non è strano? Ma noi siamo un paese cattolico e moralista e certe cose, forse, fanno parte del nostro dna».

Camilleri l’ha eletta suo erede. Che ne pensa?
«Camilleri non ha eredi. Lui è un grande amico e un superbo scrittore senza eguali. E anziché vestire i panni dell’erede preferisco tracciare una mia via e continuare a divertirmi scrivendo».

Rocco non ha Internet. Come sopravvive oggi senza social?
«Che palle i social! È vero Rocco non ha Internet e si affida a Gabriele per le sue ricerche. E secondo me Rocco campa anche più sereno così».

Lei si diverte scrivendo?
«Tanto. Mi piace vedere come i miei personaggi corrono. Mi sfuggono dalle mani e si danno da fare. A volte penso siano solo meteore e invece si fermano a cena, si mettono comodi. Dopo sei libri li sento tutti vicini, a qualcuno voglio bene, altri invece li detesto proprio».

A fine settembre iniziano le riprese della seconda stagione. Le sta bene che per i lettori ormai Schiavone abbia il volto di Marco Giallini?
«Quando abbiamo iniziato a girare sapevo che da quel momento in poi tutti i lettori avrebbero visto e il volto di Marco Giallini appiccicato al mio Rocco. E qualche volta mentre scrivo, lo confesso, devo sforzarmi di ricordarmi qualche particolare in più proprio per non allontanarmi dall’immagine tv. Ma d’altra parte, Giallini è perfetto per Rocco, sembra l’abbia scritto apposta per lui».

Lei ha lasciato Roma per Viterbo. Una scelta dolorosa?
«Una decisione necessaria. Ho lasciato Roma perché non mi va di pagare per le scelte altrui. Non è una questione relativa all’ultima amministrazione ovviamente, va avanti da decenni ormai, del resto vent’anni di Berlusconi hanno affossato il paese. Sono andato via perché, a malincuore, dico che Roma fa schifo, non è più la città della mia infanzia, è brutta, sporca, arrabbiata, incattivita. Sono andato via come quando si lascia un grande amore».

Le piacerebbe impegnarsi politicamente per la sua città?
«Scrivo storie e va bene così».

Schiavone condivide con lei una granitica fede giallorossa. Come andrà quest’anno?
«La Roma? Anche quest’anno la Roma vincerà il campionato l’anno prossimo, nel 2018/9. Rinviamo di anno in anno».

Le piace Eusebio Di Francesco?
«Non tanto e non ho ancora capito come intende giocare. Da tifoso e ignorante di calcio, credo che avremmo bisogno di un allenatore con un po’ più di carattere che fosse in grado di sistemare la difesa perché lì davanti siamo brillanti ma dietro sudiamo brividi freddi, come in un film di Dario Argento».
© RIPRODUZIONE RISERVATA