LE RICHIESTE
Dunque, dato che in via ufficiale Neymar ha lasciato il Barça per diventare il testimonial dei Mondiali del 2022, è chiaro che ad acquistarlo sia stato non il Psg, bensì il Qatar. Un affare di Stato, in senso stretto e in senso lato. E qui affiora un milione di domande, e di dubbi, e di sospetti: e molto rimane irrisolto o sepolto. Perché, in regime di Fair play finanziario, nella migliore delle ipotesi appare per lo meno curioso che non un club ma addirittura uno stato sovrano sovvenzioni l'acquisto di un calciatore in un campionato europeo. Quasi fosse un doping finanziario, certo una manipolazione del campo da gioco collettivo, di sicuro uno sgranamento della prospettiva. Ne vorrebbe conoscere l'aderenza alla correttezza anche il presidente della lega calcio spagnola Javier Tebas, che d'altronde ieri non ha smesso un minuto di ripetere che non consentirà il versamento del denaro della clausola da 222 milioni. Deve intervenire per forza la Uefa, ha aggiunto fino a sera. Forse assonnata, però non del tutto addormentata, la Uefa ha pensato di tranquillizzare l'Europa e la galassia garantendo che si assicurerà «che il Psg rispetti le regole del Fair play finanziario». Tra l'altro è utile annotare che «l'Uefa non ha ricevuto alcuna denuncia riguardo al possibile trasferimento di Neymar al Psg». Come si può immaginare, in Qatar dormono sereni. D'altra parte il Fair play è una casa con le finestre aperte: e, a voler semplificare, basta conoscere due accorgimenti tecnici per entrare evitando gli allarmi. Vendere molto (o ad alti prezzi), ad esempio, potrebbe liberare i parigini dalle preoccupazioni.
L'EMIRO
In fondo l'Emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, un signore elegante che vanta un patrimonio alla Paperon de' Paperoni (quantificabile in impossibidilioni e fantasticatrilioni...), ora ha pure l'ingrata seccatura di dover fronteggiare una crisi sullo scacchiere internazionale. Da qualche mese quattro stati del Golfo hanno avviato un boicottaggio nei confronti del Qatar, accusandolo di finanziare il terrorismo. E l'affare legato a Neymar si inserisce proprio tra le sponde sulle quali dondola il destino dell'emirato: tra la necessità di compensare il danno di immagine e l'esigenza di costruire il futuro. Con quel viso bambino, Neymar potrà sciacquar via lo sporco anche dal volto impolverato di un paese intero.