Catalogna, il premier Rajoy attacca: «Il referendum non si farà»

Il premier spagnolo Rajoy
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Giovedì 13 Luglio 2017, 01:23 - Ultimo aggiornamento: 12:04
«Falten 81 dies», «mancano 81 giorni», all'appuntamento della Catalogna con la storia ricorda il conto alla rovescia che ogni giorno appare in prima pagina del Punt Avui, il quotidiano indipendentista di Barcellona. Solo 81 giorni al referendum sull'indipendenza annunciato dal presidente secessionista Carles Puigdemont per il 1° ottobre. Ma nessuno ancora sa se davvero si farà, e come. Il premier spagnolo Mariano Rajoy, lo ha dichiarato «illegale» in nome della costituzione del 1978 - fra dittatura e democrazia - e promesso di impedirlo con «tutti i mezzi» a sua disposizione. «Non si farà» ha tagliato corto oggi nel Congresso di Madrid, precisando che «sapere perfettamente che cosa fare» per impedirlo. Leader del Partido Popular erede di Alianza Popular, fondata dall'ex-ministro franchista Fraga Iribarne, Rajoy non vuole sentire parlare del «diritto di decidere» rivendicato dai catalani sull'esempio di Scozia e Quebeq.

La linea dura del premier spagnolo, appoggiata da Psoe e Ciudadanos, si appella
alla legittimità della costituzione del 1978, ancora influenzata dal nazionalismo centralista del franchismo, che sancisce la indivisibilità del territorio dello stato. Rajoy afferma che tutti gli spagnoli e non solo i 7,5 milioni di catalani devono pronunciarsi sul futuro della Catalogna. Come se al referendum in Scozia avessero votato oltre agli scozzesi anche inglesi, gallesi e nord-irlandesi. Per stroncare la spinta secessionista catalana Rajoy ha messo in campo l'artiglieria penale con l'appoggio della corte costituzionale. Magistratura e polizia indagano su ogni mossa
'illegalè verso il referendum. Leader catalani, funzionari e aziende che potrebbero fornire urne o schede sono minacciati di sanzioni penali e patrimoniali. Sull'altro lato della barricata Puigdemont e il governo secessionista - che hanno la maggioranza assoluta nel parlamento di Barcellona - si appellano al diritto internazionale sull'autodeterminazione dei popoli. Il presidente catalano continua a garantire che il referendum «si farà», «con
tutte le garanzie», e sarà vincolante. Ma il dubbio serpeggia nel suo stesso governo. Il ministro regionale Jordi Baiget è stato dimesso la settimana scorsa per avere detto che «probabilmente» il referendum non ci sarà, perchè lo stato «è troppo forte».

La strategia della terra bruciata di Madrid inizia ad agire. Nessuna azienda ha fatto offerte per la fornitura delle urne. La consulta ha annullato lo stanziamento che che assegnava 6 milioni al referendum. Puigdemont vuole che tutto il governo firmi la convocazione del voto, annunciato ma per ora senza firma per rinviare fino all'ultimo la stroncatura della Corte di Madrid, che in 24 ore lo dichiarerà fuori legge. Facendo scattare le incriminazioni su cui conta Rajoy per fermare il voto. E per El Pais la minaccia di sanzioni pecuniarie accentua i dubbi fra i ministri catalani, che temono ora di rovinare la famiglia.
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