L'unica delle quattro indagate per cui il gip ha disposto l'archiviazione, in linea con la tesi dei legali della famiglia di Claudia Bordoni, è una psichiatra che valutò la signora alla Mangiagalli. Secondo il giudice, a differenza di quanto sostenuto dal pm Maura Ripamonti, «è evidente come non si possa ragionevolmente escludere che, se i sanitari imputati avessero posto in essere le condotte doverose omesse, in termini di accertamenti diagnostici e terapeutici suggeriti dalle linee guida» accreditate «la morte della signora Bordoni, e anche quella delle gemelle non si sarebbe verificata» nell'immediato «o al massimo si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva».
La 36enne, manager originaria della Valtellina, dal 13 al 20 aprile dell'anno scorso, era stata ricoverata al San Raffaele per complicazioni nel corso della gravidanza.
Il 26 aprile, poi, si era recata al pronto soccorso della clinica Mangiagalli, il 27 era stata ricoverata nel Dipartimento materno-infantile ed era morta il 28 per un'emorragia interna. La procura, con il consulente tecnico nominato, nella richiesta di archiviazione aveva escluso il nesso causale tra l'omissione «gravemente colposa» degli imputati e la morte della paziente con le due bimbe che aveva ancora in grembo.
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