Rieti, bimba annegò,
genitori prosciolti: «Non c'era
l'obbligo di sorveglianza»

Lago Salto
di Massimo Cavoli
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Domenica 14 Maggio 2017, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 14:34
RIETI - «E' indubbio che i genitori che esercitano la potestà sui figli minori abbiano uno stringente obbligo di protezione verso gli stessi per prevenire ed evitare pericoli, ma è anche vero che sono tenuti a una costante opera educativa finalizzata alla crescita per renderli autonomi. Quindi, con l'avanzare della crescita aumenta l'obbligo di educazione-responsabilizzazione e si attenua l'obbligo di sorveglianza-protezione». E' uno dei passaggi della sentenza con la quale il gup del tribunale, Francesca Ciranna, ha prosciolto nel marzo scorso (perché il fatto non costituisce reato), i genitori imputati di omicidio colposo per non aver vigilato sulla figlia quattordicenne Rosa, annegata nel lago Salto nel 2011 dopo essersi tuffata dal pontile di uno stabilimento a Borgo San Pietro. Decisione che, invece, ha visto il rinvio a giudizio del rappresentante legale della Spiaggia dei Pioppi per l'assenza di bagnini e di misure di sicurezza.

IL PERCORSO
Una vicenda che - all'esito di una consulenza in corso - potrebbe portare a una richiesta di danni da parte dei genitori (assistiti in sede penale dall'avvocato Luca Pizzoli, affiancato nell'eventuale azione civile dall'avvocatessa Laura Pitoni) nei confronti dei proprietari dello stabilimento e del Comune di Petrella Salto. Per affermare la mancanza di colpa, la giudice ha analizzato la condotta dei genitori prima del tuffo mortale (il medico legale ha escluso un nesso di causalità tra malore e pranzo, mentre l'istruttoria, in base alle testimonianze, ha accertato che Rosa non aveva mangiato il pollo con i peperoni), rilevando che «la madre era sul lettino, il padre a 50 metri dalla pedana. Rosa sapeva nuotare bene, è andata a tuffarsi come altre volte da un pontile dove c'erano anche altre persone, compresa la sorellina e la cugina, e una gran confusione per la giornata festiva. In questa situazione, dopo vari tuffi Rosa non è più riemersa, i genitori non se ne sono accorti subito, ma neanche la sorella che era con lei in acqua. Tutto è accaduto in pochi minuti, tant'è che è stato proprio il padre a ripescare la figlia. Certo è che, tenuto conto dello stato di salute della minore, delle sue abilità natatorie, del fatto che in tante altre occasioni si fosse gettata da quella pedana, un simile evento non era prevedibile e ciò che non è prevedibile non può essere evitato». Il passaggio finale delle motivazioni è dedicato alla «sorveglianza a vista»: «Pretendere che i genitori, in una situazione del genere, dovessero impedire alla figlia di fare il bagno o, comunque, in assenza del bagnino (ammesso che ne fossero a conoscenza) sorvegliarla a vista, significa dilatare oltremodo la loro posizione di garanzia e il loro dovere generico di diligenza, estendendo il concetto di colpa fino a trasformarla in una responsabilità oggettiva».
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