Roma, ecco l'outlet del crimine: «Con 200 euro compri una pistola»

Roma, ecco l'outlet del crimine: «Con 200 euro compri una pistola»
di Alessia Marani
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Giovedì 2 Marzo 2017, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 18:30

Dai 250 euro in su per una semiautomatica, mille per una mitraglietta Uzi, dai duemila per un kalashnikov. Benvenuti nell'outlet romano delle armi. Il prezzo sale se la pistola non ha mai sparato, oppure scende se il cliente è abituale e fidato. Il suk criminale sul modello di mercato aperto delle piazze napoletane è oliato, pistole e cocaina arrivano da canali diversi ma viaggiano insieme. Basta avere un garante e la dritta giusta: «Vai a Tor Bella Monaca, lasci il denaro in un posto e dopo qualche ora ti portano la pistola in un altro», spiffera un ventenne sorpreso dai carabinieri al Casilino con una 7,65 spagnola.

Il mercato clandestino non conosce crisi, fomentato dalle faide di strada tra spacciatori e teste calde, l'ultima domenica a San Basilio con un pregiudicato gambizzato per questioni di droga. Se non hai il ferro non sei nessuno. «Per i criminali di quartiere è uno status symbol per accreditarsi nell'ambiente», dice un poliziotto di lungo corso. Persino le rapine ai supermercati ormai si fanno tutte con le pistole vere, tanto sono alla portata. Dall'inizio dell'anno i carabinieri hanno già sequestrato una decina di armi non dichiarate. Un affiliato alla ndrina di Guardavalle (Catanzaro) custodiva a Tivoli tre fucili rubati in un appartamento, cartucce e proiettili calibro 22. Nel 2016 la Questura ha recuperato 29 pistole e due fucili, oltre a 13 kg di esplosivi. Ma qualcuno a Roma stava per preparare il grande salto.

IL GRANDE SALTO
«Qui dentro ci sono armi per scatenare la guerra su Roma». Quando gli uomini migliori del Gico della finanza spalancano la saracinesca del box di via Alessandro Santini, a Casalotti, non credono ai loro occhi. Nei sotterranei del complesso di palazzine appena costruite, in un garage intestato a un pusher considerato di bassissimo profilo, Daniele Mezzatesta, 42 anni, insieme a 73 kg di coca, è nascosta una santabarbara: tre pistole con matricola abrasa (una 7.65 parabellum, una Glock 9x21 e una Beretta 6,35), ma soprattutto tredici armi da guerra e sei chili di tritolo ad alto potenziale esplosivo. Roba che nella Capitale non si vedeva dai tempi del covo della Magliana nel ventre del Ministero della Sanità all'Eur. Mezzatesta non scuce parola né agli investigatori, né al pm. Al processo incassa senza colpo ferire - pochi giorni fa - una condanna macigno che, a volte, non si dà nemmeno agli assassini: 17 anni e 4 mesi. Meglio stare zitto che diventare un cadavere che cammina. Chi sta coprendo Mezzatesta? Un mistero.

BRAVI RAGAZZI
Di un fantomatico arsenale (mai trovato) discutevano persino Massimo Carminati e Riccardo Brugia intercettati nell'inchiesta Mafia Capitale. In un colloquio il cecato racconta di avere già speso 25mila euro per 4 silenziatori e tre mitragliette Mp5, ma è prudente e dice che servono i giubbotti antiproiettile perché ha il chiodo fisso del «povero Danilo». Per gli inquirenti è chiaro il riferimento a Danilo Abbruciati, uno dei bravi ragazzi della Magliana morto ammazzato dopo avere sparato a Milano Roberto Rosone, vicepresidente del Banco Ambrosiano. Rivoli di sangue che sembrerebbero lontani nel tempo se non fosse che vent'anni dopo, nell'ottobre 2002, l'amico fraterno del boss di Primavalle, Paoletto Frau, viene ucciso sotto casa a Ostia da sicari ancora senza nome. Tornando a Casalotti. I finanzieri sequestrano - oltre a revolver e a un giubbotto antiproiettile - due kalashnikov AK-47, una mitraglietta Skorpion K1, fucili a pompa e a canne mozze e una carabina con un cannocchiale di precisione montato sopra in grado di colpire a grosse distanze e 3 silenziatori. Chi spara deve uccidere. Ci sono anche cinque detonatori ad alto potenziale, di quelli che si usano per attentati. Le armi sono tutte vergini e pronte all'uso. Per gli investigatori non è roba da piccoli imprenditori della droga che si contendono lo spaccio di un giardinetto. Questi le armi vanno le prendono altrove.

FORZIERI E CASSETTARI
Dove? Indagini raccontano di pistole volanti, quelle da prendere sul momento per un colpo e riconsegnare, noleggiate dai nomadi. «Le armi le tengono sotterrate, chiuse in bauli tipo forzieri, mai dentro i campi», confida un pentito a un militare. Un kalashnikov mezzo arrugginito spunta fuori dall'Aniene mentre i carabinieri cercano altro. Armi si rimediano anche con le rapine ai metronotte o i furti dei cassettari che tra Rolex e preziosi pescano ferri da distribuire. Gli slavi fanno scuola. Da quando la cortina di ferro è caduta non hanno mai smesso di inondare il mercato nero italiano. «Un kalashnikov nei Balcani lo trovi a 100 euro», spiega un agente che ha lavorato sotto copertura. Spesso la realtà supera la fantasia. Certi investigatori non scorderanno mai la confessione di un malavitoso nostrano chiamato a riferire su un'azione di fuoco nel centro di Roma: «C'è un regalo che mi ha fatto uno slavo in cambio del favore di una gambizzazione: una pistola usa e getta, che dopo che ha sparato si deforma a tal punto quasi da disintegrarsi». L'aveva anche descritta, «dorata e scenografica», del tipo di quelle dei film Western. Nessuno però l'ha mai vista. Anche la tecnologia supera la realtà: collegandosi al deep web, il volto nero della rete, invisibile ai motori di ricerca, si può ordinare un'arma e farsela recapitare ovunque. Come accertato dalla polizia tedesca nel caso dell'insospettabile studente 18enne Ali Somboly autore della strage di Monaco a luglio.

(2- fine)
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