Guidonia, lo strazio del padre di Jessica: «Dio, perché non hai preso me?»

Guidonia, lo strazio del padre di Jessica: «Dio, perché non hai preso me?»
di Morena Izzo e Alessia Marani
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Lunedì 6 Febbraio 2017, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 7 Febbraio, 08:00


«Perché Dio mio non hai preso me invece di mia figlia? Gjesika era la ragazza migliore del mondo. Qual è il mio Dio in cui credo e che ora mi ha tolto tutto?». Papà Vangjel (Vangelo) Gjinaj parla della radice cattolica del suo nome, piange a dirotto, non si dà pace, stringe il foglio del verbale appena firmato in polizia. Fa l'autotrasportatore, una vita a macinare chilometri sull'asfalto eppure un maledettissimo incidente invece di lui si è portato via sua figlia, il suo bene più prezioso. Sacrifici immensi da quando vent'anni fa è arrivato in Italia dall'Albania per crescere Gjesika (la ragazza si faceva chiamare Jessica), e la sorella Ionida. Accanto ha la moglie, il volto teso, segnato dal dolore, la donna non ha la forza per parlare. «Proprio l'altra settimana Gjesika mi aveva detto che avrebbe voluto iscriversi all'Università - dice Vangjel - Ma non era sicura perché diceva che ci volevano tanti soldi. Ma io avrei fatto tutto per lei, le ho risposto di non preoccuparsi, che ci avrei pensato io, ero così orgoglioso di lei». L'uomo fa la spola dalla via Tiburtina, a Setteville, luogo dell'impatto, e la caserma della Stradale di Tivoli. «Se solo si fossero fermati prima ad accompagnare la mia Gjesika, all'Albuccione e poi Ambra alla pista d'oro, forse si sarebbero salvati. Adesso è tutto finito».
Gjesika, 18 anni, e Ambra Shaliani, 17, erano inseparabili. Cresciute insieme, le amichette del cuore. Avevano trascorso il sabato sera con i due amici, Riccardo e Federico, prima al centro commerciale poi al cinema, sempre a Roma Est.

A POCHI METRI DA CASA
Mancava qualche centinaia di metri e sarebbero tornate nelle loro case, a sognare nei loro letti. Invece non arrivavano mai. Minuti interminabili dagli ultimi contatti con i genitori. Seit, il papà di Ambra, l'aveva chiamata alle 3,15. «Sto per tornare, non ti preoccupare», le aveva assicurato la ragazza.
Ma alle 4 passate il suo cellulare continuava a squillare a vuoto. «Non ce l'ho fatta più a stare a casa fermo, immobile, ho preso le chiavi della macchina e sono andato a cercare mia figlia - racconta con un filo di voce - ho imboccato la via Tiburtina e da lontano ho subito visto i lampeggianti della polizia e dei pompieri. Avevo capito tutto. Non c'era bisogno che nessuno mi desse conferme. Lo sentivo nel mio cuore. Sono sceso a piedi, ho raggiunto quel posto, Ambra era lì a terra. Ho chiamato mia moglie... Ambra non c'è più, non c'è più. Era la nostra unica figlia».

 

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