Latina, ritirate 15 tonnellate di polenta, «Fatta con mais ogm per gli animali»

Latina, ritirate 15 tonnellate di polenta, «Fatta con mais ogm per gli animali»
di Giovanni Del Giaccio
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Domenica 5 Febbraio 2017, 01:23 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 08:54
LATINA - Granturco destinato a uso animale e con una concentrazione di organismi geneticamente modificati di gran lunga superiore a quella consentita per legge è finito per diventare polenta, imbustata e spedita ai supermercati del Lazio e del resto d’Italia. Quindici tonnellate di prodotto che un mulino con sede in provincia di Latina si è affrettato a “richiamare” dopo che si è scoperto che il mais non poteva essere utilizzato per l’alimentazione umana - in quanto era destinato a diventare mangime - e che gli “ogm” contenuti superavano il limite dello 0,9% per chilogrammo imposto dalla normativa vigente. Sono stati i controlli a campione svolti dal personale della Asl di Latina e le successive analisi di laboratorio nella sede pontina dell’Istituto zooprofilattico a far scattare l’allarme, diramato alla Regione Lazio e al Ministero della Salute come previsto in casi del genere. 

Il mulino nel quale è avvenuta la trasformazione è sui Monti Lepini ma la materia prima arriva dalla Campania e sulla fattura che accompagna il prodotto era chiaramente scritto che era destinato a uso animale. 
Come sia finito in buste da un chilogrammo destinate alla commercializzazione è tutto da capire. La proprietà del mulino si è giustificata con il personale dell’azienda sanitaria dicendo che si è trattato di una svista e ha immediatamente bloccato le vendite, anzi ha fatto rientrare la polenta già finita sugli scaffali. Ulterioti accertamenti, comunque, sono in corso da parte degli esperti della Asl. Un fascicolo è stato inviato anche in Procura.
La polenta in questione era stata utilizzata per una sagra sempre nella zona di Latina e a detta di chi l’ha mangiata era anche buona. Va detto, inoltre, che la concentrazione di organismo geneticamente modificato non sarebbe stata consentita nemmeno per il mangime. Per questo adesso si cerca di capire se si sia trattato davvero di una svista o se non ci sia dell’altro. 

LA RICOSTRUZIONE
Effettuato il controllo di routine previsto nel corso delle lavorazioni di farine, il servizio di igiene degli alimenti della Asl ha mandato il materiale all’Istituto zooprofilattico e da lì è emerso che la concentrazione di Ogm era oltre la soglia. Si è così passati a una verifica più capillare, appurando che i prodotti commercializzati non riportavano sulle etichette la presenza di Ogm - che va indicata - ma soprattutto si è arrivati alla materia prima, arrivata dalla Campania e macinata a Latina. Il riscontro sulle fatture è chiaro: prodotto destinato a lavorazione per uso animale. Quel “granone”, invece, è diventato polenta da consumare sulle tavole delle famiglie o in occasione, appunto, di qualche sagra. Qualcosa nella filiera non ha funzionato a dovere e se non ci fossero state le verifiche dell’azienda sanitaria oggi quella polenta sarebbe in vendita. Per questo le verifiche si sono estese a tutte le aziende che trattano la materia prima proveniente dalla società campana che ha fornito il mais. 
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