MilleRuote
di Giorgio Ursicino

La guerra del diesel: gli Usa attaccano anche Fca

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Sabato 14 Gennaio 2017, 17:30
Fra il salone in Michigan e il cambio dell’Amministrazione alla Casa Bianca, un nuovo terremoto scuote il mondo dell’auto. L’epicentro, questa volta, colpisce Fca, ma l’onda d’urto coinvolge l’intero settore del motore diesel già in affanno per il caso emissioni truccate che oltre un anno fa ha colpito Volkswagen. Ora come allora le accuse partono dalle potenti agenzie per l’ambiente americane, la Federale Epa e la Carb dello stato della California, il più grande e importante, ma anche quello più avanzato e sensibile per le problematiche ambientali.

Sul caso sta però indagando anche il Dipartimento della Giustizia di Washington. Le agenzie, che da tempo dialogano con Fiat Chrysler per chiarire il tema sotto la lente d’ingrandimento, hanno deciso di alzare l’asticella, formalizzando l’accusa e rendendola pubblica, mossa che ha fatto infuriare il ceo Sergio Marchionne che ha risposto in maniera dura: «Accuse senza senso, non abbiamo fatto nulla di illegale: non c’è una sola persona in questo gruppo che proverebbe a fare una cosa così stupida. Noi non siamo quel tipo di criminali». Secondo l’Epa su alcuni veicoli con propulsore diesel della casa italo-americana ci sarebbe un software di gestione non dichiarato e questo infrangerebbe le regole del Clear Air Act.

Gli esperti di Epa e Carb sostengono che sarebbero ben otto i “pezzi” di software incriminato che nel normale utilizzo di veicoli spingerebbero le emissioni degli ossidi di azoto oltre i limiti consentiti dalla legge, cioè quelli da rispettare durante le verifiche di omologazione. Già questo potrebbe avere delle conseguenze per Fca; Epa però chiarisce che si sta ancora indagando se la parte di software sotto accusa possa essere considerato “defeat device” che è a tutti gli effetti illegale. I veicoli finiti sotto i riflettori per gli standard europei sono di dimensioni rilevanti (si tratta del Suv Grand Cherokee e del pick up Ram 1500 venduti fra il 2014 e il 2016), ma per il mercato americano montano dei “diesel leggeri”, cioè i 3 litri V6 prodotti a Cento vicino Ferrara.

Gli esemplari dei due modelli coinvolti sono 104.000 e, se le accuse verranno confermate, per ciascuno si potrebbe arrivare a pagare una sanzione fino a 44.539 che porterebbe l’esborso totale per Fiat Chrysler a 4,63 miliardi di dollari, una cifra lontana da quella che si dovuta impegnare a versare Volkswagen i cui veicoli coinvolti negli States sono quasi mezzo milione, ma senza dubbio di notevole rilievo. A quando si apprende da entrambe le parte le indagine e le discussioni per chiarire la situazione erano in corso da tempo e i vertici di Auburn Hills sono rimasti molto sorpresi per l’arrivo della “notice of violation” della quale sono stati avvisati solo nelle ore precedenti.

«Nascondere software che altera le emissioni dei veicoli è una seria violazione della legge - ha dichiarato Cynthia Giles, Assistent Administrator dell’Enforcement Division dell’Epa - continueremo ad investigare la natura e le conseguenze di questi device. Tutti costruttori devono rispettare le stesse regole senza ottenere vantaggi competitivi illegali». Chair Mary D. Nichols della Carb ha rincarato: «Ancora una volta un grande costruttore di auto per fare business ha aggirato le regole». Il ciclone non poteva non coinvolgere l’andamento del titolo in borsa. L’azione Fca è stata più volte sospesa per eccesso di ribasso sia a Milano che a New York, a Piazza Affari ha chiuso con un 16,9% e anche il titolo Exor è andato in sofferenza. Dopo la dura difesa dell’azienda c’è stata una ripresa a Wall Street dove sono state dimezzate le perdite».
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