Ma in casa Rai vanno bene anche il Tg2 e il Tg3, con i nuovi direttori, Ida Colucci e Luca Mazzà, che hanno sfruttato - chi più chi meno - la scia dei predecessori Marcello Masi e Bianca Berlinguer. All'ora di pranzo il Tg2 Oretredici viaggia a gonfie vele e se la gioca testa a testa con il Tg5. Stiamo parlando di medie da 3 milioni e di share poco inferiore al 20%. Il Tg1 delle 13:30 fa qualcosa in più (tra i 3,6 e i 3,8 milioni i dati degli ultimi giorni con una percentuale sempre superiore al 20%). Tg2 e Tg3 si difendono bene anche di sera: il primo alle 20:30 è vicino al 10%, il secondo veleggia oltre il 12% nonostante l'appuntamento delle 19 sia un orario meno canonico (ma è il marchio di fabbrica per chi segue il Tg3). Sufficiente però a dare più di 8 punti percentuali di distacco al competitor Tg4. Dei tiggì di Mediaset va sottolineato come Studio Aperto delle 12:30 venga visto da una media di oltre 2 milioni di spettatori pari a uno share intorno al 15%. Un risultato eccezionale, anche per la media di Italia1.
Tornando alla Rai, dunque, se l'informazione va riformata bisogna fare attenzione a non sperperare una dote così ricca come quella che vantano i tiggì di Saxa Rubra. Inoltre anche RaiNews di Antonio Di Bella è in crescita, seppure con i limiti che hanno i canali allnews. Sull'altro piatto della bilancia c'è il flop di programmi come Politics, su cui occorre riflettere un bel po'. Tra l'altro, non è affatto scontato che con l'arrivo della Berlinguer avvenga il miracolo, visto che nemmeno lei possiede la bacchetta magica. Non va dimenticato che anche Porta a Porta e Petrolio quando vanno in prima serata (e su Raiuno!) al massimo raggiungono il 10%.
Dove invece la Rai è indietro rispetto ad altri broadcaster è sull'informazione digitale e su quella per l'estero. Diventa necessario compiere uno sforzo per colmare il gap. Le premesse ci sono, visto che a capo della struttura digitale è stata scelta Milena Gabanelli. Sinonimo di garanzia.
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