Referendum, Paese diviso: No al 52-54%, Sì al 46-48%. Determinanti gli indecisi

Referendum, Paese diviso: No al 52-54%, Sì al 46-48%. Determinanti gli indecisi
di Antonio Calitri
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Venerdì 18 Novembre 2016, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 15:13

Alla vigilia del black-out elettorale che entra in vigore 15 giorni prima del referendum, gli ultimi sondaggi sono ormai tutti allineati sulla prevalenza dei No alla riforma rispetto ai Sì: la forchetta è No al 52-54%, Sì al 46-48. La distanza tanto ridotta tra le due scelte lascia però la partita totalmente aperta e fa diventare determinanti per il risultato finale gli attuali indecisi, stimati intorno al 20%. 

Per Carlo Buttaroni, presidente dell’Istituto Tecnè attualmente i Sì stanno al 46,5% e i No al 53,5%, in aumento soprattutto tra Sud e Nordest. Ma nell’ultimo periodo sono avvenute due cose interessanti: «Sta calando il numero di elettori che pensano che questa riforma sia fondamentale per l’Italia, non è più giudicata come il giudizio universale. Inoltre la stragrande maggioranza degli indecisi è composta da elettori che hanno votato per quei partiti che oggi sono contrari alla riforma».

E questo non significa che lo sono anche loro mam anzi, che hanno dubbi se schierarsi con il partito o scegliere in proprio. Un aspetto che trova conferma anche in uno studio Swg dove emerge che un quinto degli intervistati (21,1%) si dichiara, appunto, «indeciso». E tra questi ultimi, troviamo più sostenitori che oppositori della riforma (39% contro il 21%), mentre il resto si dichiara neutrale. Non solo, sempre per lo stesso studio, quelli che tendono al Sì alla fine sono più propensi a trasformare la loro propensione in voto reale, diversamente il No mobilita meno verso le urne. 

L’ORIENTAMENTO
Nelle ultime rilevazioni, spiega al Messaggero anche il direttore generale di EMG Acqua, Fabrizio Masia, «si registra un lieve aumento dei No, si sono scongelati un po’ di indecisi che alle europee aveva votato i partiti dell’opposizione e attualmente i Sì sono a 35%, i No al 39 e gli indecisi al 26%. Sottraendoli, questo si traduce nel 53% dei No contro il 47% dei Sì». Anche per Masia il grande tema di questa competizione è l’orientamento degli indecisi nelle prossime due settimane, «visto che il grado di informazione non è così spinto e almeno un terzo degli incerti sceglierà cosa votare mentre sale i gradini della scuola che ospita il seggio». Visti i tanti che decideranno nel seggio, potrebbe incidere su questa scelta il quesito, che è stato giudicato da molti come uno spot in favore del Sì? «Apparentemente sì», conclude Masia, «ma in realtà credo di no perché noi facciamo i sondaggi telefonici e telematici e ai rispondenti leggiamo o facciamo vedere l’intero quesito e nonostante questo, continuano ad avere prevalenza i No». 

No in vantaggio pure per Euromedia Research che li registra tra il 52 e il 54% e come spiega la direttrice Alessandra Ghisleri: «Man mano che si avvicinano al voto, le persone iniziano a orientarsi per una posizione o l’altra. Si tratta di un ragionamento che non va tanto nel merito della riforma ma sulla valutazione di quello che può essere meglio per un parte o per l’altra. Si tratta di una battaglia tutta basata sulla comunicazione o meglio sulla contro-intuizione, nel senso che uno dice una cosa e poi te ne spiega un’altra perché tu arrivi a capire la via più giusta per la parte che io sostengo. Siccome è così difficile entrare nei meandri delle tematiche della riforma, è più facile spiegarne gli effetti a valle, senza passare per tutti i percorsi in mezzo. Si va sull’effetto finale facendo intuire senza fare tutto il percorso». 

Conferma Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing: «Nell’ultima settimana i No sono stabili intorno al 52,5%, ma con 2,5 punti di differenza la partita è aperta. Incideranno gli indecisi che sono un po’ più a favore del Sì, anche se bisogna distinguere tra i vari livelli di indecisione, quella politica e quella di andare o non andare alle urne. E questi decideranno cosa fare solo negli ultimi 3-4 giorni».

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