Rugby in lutto, addio a Silvano Tartaglini, l'ultima intervista: «Che emozione quel cap a 90 anni all'Olimpico»

Rugby in lutto, addio a Silvano Tartaglini, l'ultima intervista: «Che emozione quel cap a 90 anni all'Olimpico»
di Paolo Ricci Bitti
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Mercoledì 5 Ottobre 2016, 02:43 - Ultimo aggiornamento: 22:12
«Ho fatto un salto sulla sedia e poi ho avvisato  quel gentile signore al telefono che comunque io all'Olimpico ci sarei andato comunque: avevo già  comprato il biglietto di Italia-Francia. Ora tornerò a  casa orgoglioso del cap che mi daranno». Aveva gli occhi lucidi Romano Tartaglini tre anni fa quando raccontava al cronista di quella telefonata che l'aveva raggiunto qualche giorno prima e che, novantenne, non si sarebbe più aspettato. Era la Federugby che l'invitava allo stadio Olimpico il 3 febbraio 2013 per consegnarli il cap (cappellino), una tradizione  che nel 1948, quando l'estremo romano aveva debuttato in nazionale, non era stata ancora importata insieme al gioco inventato in Inghilterra nella città di Rugby.

La Fir aveva deciso di colmare questo vuoto cercando ai quattro angoli del mondo gli oltre 600 giocatori che avevano vestito l'azzurro: si cercavano i giocatori o i loro discendenti e Silvano Tartaglini era il più avanti negli anni tra quelli nuovamente convocati. Una cerimonia bellissima: quei quasi 400 veterani o loro familiari sfilarono prima nel salone del Coni poi si sistemarono a bordo campo all'Olimpico per cantare l'Inno di Mameli insieme a Parisse & compagni prima di Italia-Francia. Un sostegno commovente ed efficace: contro ogni pronostico gli azzurri travolsero 23-18 i bleus.

Ecco la nota della Fir, l'intervista a Silvano Tartaglini pubblicata in quei giorni sul Messaggero e l'articolo sui veterani ritrovati. 

LA NOTA DELLA FIR
Rugby italiano in lutto: a 93 anni ha passato la palla il romano Silvano Tartaglini, azzurro numero 106, avvenuta ieri nella Capitale. Era stato il più anziano tra gli atleti ad aver ricevuto il cap (cappellino) in occasione della cerimonia di consegna collettiva del febbraio 2013, Tartaglini – parente degli azzurri Carlo,  Andrea e Matteo Pratichetti e nonno della velista Flavia – era nato a Roma il 6 gennaio del 1923 e con la Rugby Roma, al fianco dell’indimenticabile Paolo Rosi, aveva conquistato gli scudetti del 1948 e del 1949. Aveva debuttato con la nazionale il 23 maggio del 1948, a Parma, titolare della maglia numero 15 che indossava anche con la Rugby Roma nella vittoria per 17-0 sulla Ceceslovacchia. In una carriera internazionale protrattasi sino al 1953 aveva vestito la maglia dell’Italia in altre sette occasioni, collezionando due vittorie sulla Spagna ed una sulla Germania. L’ultimo cap era arrivato a Lione, il 26 aprile del 1953, nella partita persa per 22-8 contro la Francia. Alla famiglia Tartaglini e agli azzurri Andrea e Matteo Pratichetti vanno le più sentite condoglianze del Presidente Gavazzi e dell’intero Consiglio Federale. In memoria di Silvano Tartaglini verrà osservato nel week-end un minuto di silenzio su tutti i campo di gara.


L'INTERVISTA
ROMA «Ho fatto un salto sulla sedia e poi ho avvisato  quel gentile signore al telefono che comunque io all'Olimpico ci sarei andato comunque: avevo già  comprato il biglietto di Italia-Francia. Ora tornerò a  casa orgoglioso del cap che mi daranno». Silvano Tartaglini è nato 90 anni fa a Roma («scriva  Testaccio»). 
 
«Mi hanno detto - continua l'estremo della Rugby Roma,  due scudetti nel '48 e nel '49 e 8 caps dal '48 al '53 -  
che sono il più...»
 
Anziano?
«Dica pure il più vecchio tra quelli rintracciati.  "vivi" hanno aggiunto. Non lo sapevo di questo primato. Cominciai a giocare mentre frequentavo le superiori,  allenato da Armando Nisti, all'Acquacetosa. Il rugby allora era molto praticato dalla Gioventù del Littorio.  Poi, dopo la guerra, l'approdo alla Roma»
 
Che squadra!
«Già, due scudetti. Ci allenava Francesco Vinci e in campo c'erano anche Umbertone Silvestri e il compianto  
Paolo Rosi. Si immagini quando, anni dopo, sentì la voce di Paolino raccontare in tivù il 5 nazioni».
 
E poi la nazionale.
«Quasi tutti i trequarti azzurri erano della Roma: con me Pitorri, Marini, Farinelli, Rosi e Rossini. Tutti schierati contro la Francia nel '49 a Marsiglia. Nel '53  giocai anche contro la Francia “vera” con Prat e Mias a  
Lione: 22-8, ma se la sudarono. E guardi che era bello il rugby di quei tempi: niente soldi, ma molta allegria,  
anche tante ragazze. Poi hanno giocato anche i miei  figli Lucio e Claudio e sono fiero di mia nipote  
Flavia, campionessa del mondo di windsurf». 
(Roma, 28 gennaio 2013)


QUEL GIORNO CHE GLI AZZURRI TRAVOLSERO 23-18 LA FRANCIA ALL'OLIMPICO CON 400 VETERANI A BORDO CAMPO
ROMA Chiudete gli occhi e quando li riaprite vedete attorno a voi tutti gli amici della vostra vita, tutti, che abbiate 90 anni come Silvano Tartaglini o 26 come Fabio Semenzato. Gli amici veri, non quelli da Facebook. Gli amici che vi hanno difeso anche a costo di rompersi un braccio. Adesso sono di nuovo lì, attorno a voi, magari un po' invecchiati, ma non sembra nemmeno troppo: «Dai, non sei cambiato per nulla». Vi viene da ridere, da piangere, la bocca secca, gli occhi lucidi, le farfalle nello stomaco: tutto insieme. Maravigliosamente travolgente. E dalle tasche escono foto stropicciate, sbiadite, molte in bianco e nero, e da sotto le giacche si intravedono maglie azzurre lise diventate celestine anche se il verdebiancorosso dello scudetto brilla ancora. E vi mollate terrificanti pacche sulle spalle. E vi baciate sulle guance anche se sieti omoni da 120 chili. E mandate giù le lacrime o le risate quando sentite Rocco Caligiuri (che pochi mesi dopo passò la palla, ndr) raccontare che il chirurgo gli ha appena amputato una gamba sotto il ginocchio con lui che insisteva: «No, dottore, non tagli quella che ci ho segnato tre drop in Sud Africa, tagli l'altra».


I veterani azzurri a bordo campo prima di Italia-Francia

Ecco, i quasi 400 veterani azzurri di ogni età ieri si sono visti trascinare in questa alluvione irresistibile di sentimenti quando sono entrati nel salone d'onore del Coni per ricevere il cap, il berrettino con la nappa dorata e il numero ricamato in oro, che spetta a chi indossa la maglia della nazionale.
In Italia non c'era questa tradizione scritta dagli anglosassoni dal 1871: dal 1929 ad oggi sono 627 gli “internazionali. La Fir ne ha rintracciati 400 e li ha chiamati a Roma. Che ressa prima dell'appello (“Maurizio Bocconcelli, azzurro numero 221, riceve il cap dal presidente Alfredo Gavazzi”), proprio come una mischia. E con le emozioni non era ancora finita, perché poche ore dopo c'era da tornare in campo davvero, per cantare Fratelli d'Italia a fianco di Parisse e compagni.

(Roma, 3 fabbraio 2013)



 
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