Lorenzo Guerini: «Italicum, una delegazione Pd per trattare con gli altri partiti»

Lorenzo Guerini: «Italicum, una delegazione Pd per trattare con gli altri partiti»
di Marco Conti
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Martedì 4 Ottobre 2016, 00:05
«Discuteremo lunedì in direzione e affideremo ad una delegazione il compito di trattare con gli altri partiti sulla legge elettorale». Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, getta acqua sul fuoco delle contrapposizioni interne e si dice convinto che alla fine «con la minoranza interna troveremo un’intesa sul percorso di modifica della legge elettorale».

Da dove si si comincia?
«Premetto che per noi l’Italicum è una buona legge elettorale perchè garantisce governabilità e rappresentatività e permette ai cittadini di sapere da chi vogliono essere governati. Prendiamo però atto del dibattito che si è sviluppato in questi mesi sulla legge elettorale e il Pd non si sottrae alla richiesta di un confronto».

Non verrà presentata una proposta sulla quale discutere?
«In direzione affronteremo una serie di temi tra i quali anche la legge elettorale e ufficializzeremo la disponibilità al confronto, anche se già lo abbiamo fatto votando la mozione alla Camera. Nel percorso ufficializzeremo anche le nostre proposte. Dobbiamo però aver chiara la disponibilità delle forze politiche sia sul merito che sui tempi».

Quindi dalla direzione non uscirà una proposta, ma verrà affidato un mandato esplorativo a qualcuno di voi?
«Vedremo cosa uscirà dal dibattito. Certamente ci sarà una manifestazione chiara a cambiare sul serio la legge elettorale da parte di tutto il Pd. Ridurre la questione della legge elettorale ad affare interno del Pd è sbagliato perchè porta dentro al partito una discussione che necessariamente va oltre».

Fisserete paletti per voi irrinunciabili?
«Questo si vedrà. Personalmente penso che qualsiasi modifica non possa prescindere dall’obiettivo di un equilibrio tra rappresentatività e governabilità e che non può venir meno il diritto del cittadini di essere arbitri della partita. Al cittadino va ridato il potere di decidere da quale maggioranza vuole essere governato. Come si possano produrre questi due principi sulle varie ipotesi, si vedrà».

Nel Palazzo gira però una gran voglia di ritorno al proporzionale. Che ne pensa?
«Ascoltiamo le disponibilità di tutte le forze politiche. Certo è che se si vuole un ritorno al proporzionale, più o meno mascherato, che significa dare ai partiti il compito di fare e disfare governi e maggioranze, allora non ci interessa».

Mi sembra di capire che premio di maggioranza e ballottaggio non si toccano.
«Sul premio di governabilità di partito o di coalizione penso che sia un principio irrinunciabile per lasciare ai cittadini il diritto di decidere da chi vogliono essere governati. Il ballottaggio assicura la realizzazione di questo principio ma siamo aperti a valutare altre proposte».

La sinistra interna vuole però un testo alternativo all’Italicum. Arriverete ad un’intesa?
«Sulla volontà seria del Pd di discutere, sul metodo e sulla individuazione di un percorso condiviso non credo possano esserci problemi. Sarebbe singolare se non fosse così. Vedremo poi cosa emergerà dal dibattito».

Ma si farà in tempo per incardinare una proposta in Parlamento prima del voto sul referendum costituzionale?
«Non sono abituato ad anticipare l’esito dei percorsi. Intanto avviamo un’iniziativa politica chiara con la direzione del 10. Gli effetti si produrranno anche sulla base delle disponibilità delle altre forze politiche».

Però il M5S ha già presentato il “Democratellum” e Forza Italia ha detto che non intende affrontare l’argomento prima del referendum. Che farete?
«Credo sia ora che le forze politiche dicano non solo su cosa non sono d’accordo, ma anche cosa vorrebbero fare».

Lunedì riuscirete a diradare i sospetti interni tra la sinistra che ritiene questa disponibilità una sorta di “ammuina” e voi che pensate che il loro unico obiettivo sia far perdere a Renzi il referendum?
«Non penso che la minoranza del nostro partito giochi a farci perdere il referendum. Sarebbe un atteggiamento da irresponsabili e non metto in discussione la serietà dei dirigenti della minoranza. Questa è una riforma voluta dal Pd, votata dal Parlamento ed è la conseguenza di tutto ciò che abbiamo detto in questi anni. Non ho questo tipo di dubbi e credo non ci debbano essere retro-pensieri sulla reale volontà del segretario e del partito di voler cambiare la legge elettorale. Ora chiamiamo tutti alle loro responsabilità ed è finito il tempo in cui noi presentiamo una proposta e a loro spetta di impallinarla».

Sull’eccessiva personalizzazione basteranno i mea culpa di Renzi per sottrarre il governo dal destino del referendum?
«Beh, ora basta! Quello che c’era da dire Renzi lo ha detto. Forse è stato commesso un errore all’inizio ma ora sono altri a farlo. Non trovando argomenti plausibili sul merito, la buttano su temi che nulla hanno a che fare con la riforma. Gli italiani hanno però modo di verificare qual è la partita in campo».

Ma se vince il “sì” quanti andranno a casa?
«La personalizzazione è un’arma a doppio taglio. Se gli italiani vedessero la foto di gruppo dello schieramento del “no” non avrebbero dubbi su chi mandare a casa».
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