Ascoli, cartucce e toner a prezzi da saldo: Gdf scopre frode da 662 milioni

Ascoli, cartucce e toner a prezzi da saldo: Gdf scopre frode da 662 milioni
2 Minuti di Lettura
Martedì 27 Settembre 2016, 14:13 - Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 13:17

La Guardia di finanza di Ascoli Piceno ha scoperto una maxi frode fiscale da 662 milioni nel settore del commercio di prodotti informatici, toner e cartucce. Sono 78 le aziende coinvolte, 87 le persone denunciate a vario titolo, anche per riciclaggio. Stando all'indagine, in codice 'Fast Print', sarebbero state emesse fatture false per 484 milioni e riciclati 690mila euro. Le aziende sono in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. 

All'Erario sarebbero state sottratte imposte su 396 milioni di euro di ricavi, 109 milioni di euro ai fini dell'Irap, 8,5 milioni di euro di costi indebitamente detratti, 1,5 milioni di euro di ritenute non operate e/o non versate, in aggiunta a violazioni all'Iva per 147 milioni di euro. Grazie al sistema delle frodi carosello era stata anche
costituita una provvista di crediti Iva in nero per 70 milioni di euro. Fra le ipotesi di reato formulate dalla procura di Ascoli figurano anche l'occultamento e la distruzione di documentazione contabile, l'impiego di denaro e beni di provenienza illecita per 861 mila euro, l'introduzione nello Stato di prodotti contraffatti e la ricettazione.

Gli accertamenti sono scattati dopo un controllo su una partita di cartucce e toner, messa in vendita a prezzi di saldo con contenitori di plastica degli inchiostri risultati contraffatti. Dalle verifiche fiscali i finanzieri sono risaliti
alle società che avevano fornito alle imprese ascolane le cartucce e i toner, di una marca nota e, in una seconda fase, all'intera filiera che in Italia commercializzava le cartucce e dei toner contraffatti. Le due società cartiera erano a Roma e Milano, ma gli investigatori hanno ricostruito scambi commerciali con la Germania, Olanda, Romania, Estonia, Danimarca, Austria, Regno Unito, Ungheria, Cipro, Svizzera, Lussemburgo e Slovenia. Una volta giunti in Italia da questi Paesi, i prodotti venivano spediti direttamente ai reali acquirenti nazionali, senza mai entrare nella effettiva disponibilità delle società cartiera, che si limitavano a emettere le false fatture di vendita per nazionalizzare la merce, anche attraverso imprese filtro. Con questo meccanismo, gli indagati aggiravano la concorrenza delle imprese corrette, e potevano partecipare anche a gare per la fornitura di prodotti alla Pubblica amministrazione offrendo prezzi stracciati. 


 

© RIPRODUZIONE RISERVATA