Favino, con Brad Pitt a caccia di zombie: «Duettare in World War Z è stato un piacere»

Brad Pitt E Pierfrancesco Favino in una scena di World War Z
di Gloria Satta
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Mercoledì 26 Giugno 2013, 18:17 - Ultimo aggiornamento: 30 Giugno, 17:07
ROMA - Con Brad Pitt a caccia di zombie. La nuova avventura di Pierfrancesco Favino, tra gli attori italiani pi versatili e internazionali, un kolossal della migliore tradizione catastrofica hollywoodiana: World War Z. Diretto da Marc Forster, interpretato e prodotto dal divo Usa, domani sbarcher nelle nostre sale dopo aver fatto sfracelli ai botteghini Usa.



Favino è un ricercatore sopravvissuto all’invasione dei morti viventi e collabora con Pitt inviato dall’Onu a sgominare i mostri che, in un’orgia di effetti speciali, si sono impadroniti della terra. Si salvi chi può. Ma per l’attore 43enne, non nuovo al grande cinema americano (ha girato Una notte al museo, Le cronache di Narnia, Miracolo a Sant’Anna, Angeli e demoni), World War Z non è solo un film-pop corn, come direbbero negli Stati Uniti.

Cos’altro è?

«A parte l’azione e il divertimento, il film si presta a una lettura quasi politica perché parla di globalizzazione, omologazione, sovraffollamento. Dà la sensazione soffocante che ci sia meno spazio per tutti».

Com’è finito sul set di questa mega-produzione?

«Cercavano un attore francese e sono stato scelto io dopo aver sostenuto un regolare provino».

Cosa l’ha colpita di Brad Pitt?

«La sua simpatia naturale e il rapporto magnifico che ha con i figli, tre dei quali sono venuti a trovarlo sul set. Sono padre anch’io e questo aspetto della sua personalità non poteva lasciarmi indifferente».

Siete diventati amici?

«Non direi, né me lo aspettavo: una star come Pitt è sempre sotto pressione e ha la necessità di salvaguardare i suoi spazi privati. Ma sul set, dopo il primo stupore di ritrovarmi a tu per tu con lui, le cose sono andate benissimo perché è una persona molto alla mano. Duettare con lui è stato un piacere».

Cos’è che un europeo deve sapere quando lavora a Hollywood?

«Che molti film americani sono costruiti intorno al protagonista e tutti devono partecipare con generosità a sostenerlo».

E che contributo può dare un attore straniero a un film americano?

«Per quanto mi riguarda, io cerco di portare la mia italianità al di fuori degli stereotipi. Non interpreterò mai un mafioso, un politico maneggione, un tipo tutto pizza e mandolino. Ma se Scorsese bussasse alla porta, offrendomi il ruolo di un gangster...».

I suoi progetti?

«Ho appena finito di girare con Negrin la fiction Qualunque cosa succeda, nel ruolo di Ambrosoli. Dopo l’estate mi vedrete in Rush, il film di Howard su Niki Lauda. Da novembre farò teatro, portando in tournée Servo per due con 40 attori. E coproduco l’opera prima di Michele Alhaique, Senza nessuna pietà. Il cinema, come la società, ha bisogno di essere svecchiato».
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