In trepidante attesa la famiglia Mirarchi. «È totalmente vicina all'Arma dei carabinieri, con cui ha un rapporto speciale e con cui continua a intrattenere rapporti di estrema fiducia», dice l'avvocato dei familiari, Giacomo Frazzitta. «La giustizia non potrà ridare la vita al maresciallo Mirarchi, ma potrà fare luce sulla vicenda - aggiunge - I familiari sono in attesa di conoscere i dettagli dell'indagine e si congratulano con il Comando provinciale dei carabinieri e il procuratore Vincenzo Pantaleo». Mirarchi e il suo collega erano impegnati nella ricerca di una serra, in contrada Scacciaiazzo. I due militari erano entrambi in borghese, quando furono raggiunti dal fuoco; il maresciallo fu colpito a un rene e all'aorta. Soccorso dal collega, fu portato immediatamente all'ospedale di Marsala dove venne sottoposto a un primo intervento chirurgico durante il quale gli fu asportato un rene. Poi il trasferimento in elisoccorso a Palermo, nel reparto di chirurgia vascolare dell'ospedale Civico per una nuova operazione. L'intervento andò a buon fine, ma il carabiniere, gravemente ferito e debilitato, morì poco dopo per arresto cardiaco. Originario di Catanzaro, il maresciallo Mirarchi ha lasciato la moglie e due figli. Il primo a manifestare cordoglio per la morte del carabinieri fu il Capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Le indagini, coordinate dal pm Anna Cecilia Sessa, sono state immediate.
Gli investigatori passarono al setaccio la zona di Marsala e quella di Partinico e il primo risultato fu il ritrovamento di due serre, di proprietà di Francesco D'Arrigo, con seimila piante di marijuana che avrebbero fruttato 4 milioni di euro. D'Arrigo è stato sentito più volte dagli investigatori impegnati nella caccia all'assassino del carabiniere. Nella punta ovest della Sicilia, tra Marsala e Mazara del Vallo, nel tempo sono state scoperte decine di piantagioni di droga, in serra o in campi liberi, nascosti da canneti. Un paio di settimane prima dell'omicidio Mirarchi due romeni furono presi a fucilate in un'altra campagna della zona dai «custodi» di una piantagione di canapa indiana. Uno di loro, ferito, riuscì a fuggire. Dell'altro, invece, si persero le tracce. Qualche giorno dopo un cadavere carbonizzato, forse del romeno scomparso, fu trovato a circa un chilometro di distanza.
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