Gonne in tulle, top merlettati, tubini , completi di lino, eleganti camicie in chiffon. L’intero ricavato della "Boutique solidale" permetterà di potenziare il laboratorio stesso, incrementando il numero dei partecipanti e aumentando i corsi di formazione. Il gruppo di lavoro naturalmente riceve un rimborso spese per l’opera svolta, anche se l'obiettivo maggiore è di arrivare ad un pieno reinserimento sociale di persone svantaggiate. “Vogliamo rendere consapevole la città dell’importanza del riuso e del riciclo, diffondendo l’idea che ciò che è di seconda mano può trasformarsi in moda, oltre che divenire una fonte di lavoro per chi dal mercato del lavoro è escluso” dicono gli organizzatori.
"La solidarietà significa rendersi conto della persona che si ha davanti e metterla in condizione di camminare con le proprie gambe, a ritrovare la dignità del proprio vivere; l’apertura di questa boutique della solidarietà significa proprio questo: noi vogliamo aiutare le persone a dire a loro stesse ’io mangio con il lavoro delle mie mani’ spiega monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas.
Sugli scaffali della boutique tanti capi di abbigliamento ricevuti in donazione e rimessi a modello dagli ospiti delle strutture Caritas, a prezzi simbolici. Gonne a 5 euro, pantaloni a 15, abiti da cocktail a 30 euro. Il primo scontrino è stato fatto alla rappresentante di Telefono Rosa: 10 euro, una camicia in seta bianca e nera.
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