Con Brexit crescerà l’egemonia di Berlino

di Giulio Sapelli
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Lunedì 13 Giugno 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 00:02
Il diritto internazionale si fonda sull’assunto che tra gli stati nazionali esista uno spazio giuridico che consente di realizzare una rete di regole che fondano i trattati e consegnano alla storia il destino delle nazioni non più singolarmente ma come insieme degli stati nazionali che quelle regole scrivono e quei trattati firmano. L’Unione Europea è appunto uno spazio giuridico fondato non solo su trattati commerciali (ricordate il Mercato comune europeo? Era il 1957) ma anche sulla rinuncia che un gruppo sempre più rilevante di nazioni compirono rispetto alla loro sovranità monetaria. Ecco l’apparizione dell’euro che riempie lo spazio giuridico europeo con un sistema di cambi fissi tra le nazioni che firmano un trattato a ciò dedicato e si riconoscono in un destino molto più impegnativo e solidale: la moneta unica, prima che si fondi uno stato unico europeo.

Tutti sappiamo che la spinta venne dal crollo dell’Urss e dall’unificazione tedesca che sconvolgeva i rapporti di potenza tra le nazioni e impensieriva in primo luogo la Francia, storico avversario della Germania sin dalla fondazione di quest’ultima nel 1870. Il Regno Unito - storico avversario tanto della Germania quanto della Francia (anche se in minor misura) - a‎quel trattato non aderì conservando la sterlina ma tuttavia condividendo l’architettura politica dell’Europa dell’euro. Che succede nel caso di vittoria di coloro che voteranno per l’uscita anche da questa architettura?
 
Il Regno Unito lascerà l’Europa inaugurando una nuova stagione nelle relazioni internazionali mondiali per il peso relativo degli attori in gioco rispetto a tutto il mondo. Insomma quali possono essere le conseguenze della Brexit? Cerchiamo di esporre il problema senza spirito partigiano. In primo luogo decadrebbero tutti i trattati di libero commercio antecedenti all’euro e si ritornerebbe a una situazione di tariffe e di scontri commerciali. Il Regno Unito del resto non aveva aderito al Mec nel 1957 perché fondò la cosiddetta Efta, ossia un’area di libero scambio che comprendeva oltre agli stati del Commonwealth gli stati scandinavi e il Portogalo.

È probabile che nel caso di Brexit si determini la stessa condizione ricostituendo uno spazio giuridico-commerciale a fianco di quello europeo interamente nuovo. Bisognerebbe riscrivere tutte le regole delle relazioni commerciali con conseguenze negative sino alla loro riscrittura tanto per chi rimane nell’Ue quanto per chi la lascia. È difficile dire chi guadagnerebbe e chi perderebbe da una tale nuova architettura ma certamente il mondo globale delle esportazioni sarebbe fortemente influenzato dal previsto abbassamento del valore della sterlina che consentirebbe di veder aumentare le esportazioni manifatturiere inglesi mentre aumenterebbero i costi delle importazioni nel Regno Unito, con danni rilevanti soprattutto oggi che il petrolio e il gas del Mare del Nord vanno lentamente esaurendosi. 

Il costo in bolletta aumenterebbe, così come il costo degli alimentari viste le condizioni climatiche inglesi, ma le conseguenze più rilevanti sarebbero quelle sul sistema finanziario perché le banche e le attività finanziarie inglesi si troverebbero ad agire in uno spazio giuridico interamente nuovo rispetto al lavoro in Europa dove si realizzano transazioni imponenti e dove tuttavia già da tempo molte banche e finanziarie anglosassoni mal sopportavano e sopportano l’ossessiva macro regolazione europea che ha creato una rete di costrizioni che vanno ben oltre l’attività della Bce. Tutto dipenderà dalla strategia delle imprese, ossia dallo spazio di affari che cercheranno di continuare a perseguire (se in Europa i costi saranno elevati) oppure incrementare (e non si può non prevedere un aumento dell’attività della finanza inglese a livello asiatico e nord americano come è del resto vocazione naturale del Regno Unito.

Le conseguenze sul mercato del lavoro non saranno terribili come molti dicono. L’Europa non è più la terra del predominio dei sindacati di lavoratori su quelli dei datori di lavoro. Quella situazione è terminata da tempo e si è addirittura capovolta. E vi è stato negli ultimi venti anni in Europa un enorme trasferimento di ricchezza dal lavoro al capitale con un aumento inaudito della disuguaglianza e della povertà: peggio di così non può andare né per chi rimarrà in Europa né per chi non vi rimarrà.

Sono certe invece le conseguenze politiche. Il peso geo-strategico tedesco aumenterà a dismisura sia sulla tecnocrazia eurocratica sia nel sistema di potenza internazionale. Se Francia e Italia non si porranno alla testa di un movimento per controbilanciare questo processo le conseguenze non potrebbero che essere quelle di un aumento dei rischi della deflazione indotta dall’austerità. Essenziale diverrà allora mantenere un sempre più stretto legame con gli Usa, quale che sia la situazione politica di quella grande nazione. Ma qui mi fermo perché rischio di passare dall’obiettività dello scienziato sociale probo alla giusta passione del partigiano. E questo non è il mio compito.
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