Vienna e i populisti/ Il fantasma che l’Europa si illude di battere

di Marco Gervasoni
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Martedì 24 Maggio 2016, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 09:13
Chissà cosa avrebbe detto Karl Kraus, il grande scrittore satirico viennese del secolo scorso, nel vedere proclamato il vincitore di una sfida mozzafiato per l’Austria e per l’Europa con il controllo… dei francobolli. Ma tant’è, la democrazia è per fortuna prosaica e oggi sappiamo che il “vincitore” è il candidato verde Alexander Van der Bellen e lo “sconfitto” è il candidato dell’“estrema destra” Norbert Hofer. Decisivo il voto per posta dei non residenti. Mai come in questo caso però è fuorviante evocare una vittoria, e non solo per i pochi voti di scarto. L’unico elemento di soddisfazione del neo presidente sta nell’aver rovesciato i pronostici, grazie a tre fattori. Gli elettori dei candidati del centro e della sinistra eliminati al primo turno si sono riversati su quello dei Verdi. Poi l’effetto sondaggi, in cui le forze politiche populiste sono sempre sovrastimate rispetto ai risultati reali. Infine, una certa mobilitazione più spontanea che organizzata: i populisti raccolgono infatti molto consenso ma sono anche numerosi quelli impegnati a impedire la loro vittoria. Per il resto, chi pensasse che con questo voto il pericolo è scampato avrà da ricredersi. La sconfitta di misura rafforzerà l’Fpo, che già accusa il “sistema” di “strani movimenti” (alias brogli). E per una forza populista, denunciare di essere perseguitati ha sempre successo. Dato il sistema elettorale proporzionale, l’Fpo già nel 2013 arrivata al 20% dei voti e ora, accreditata al di sopra del 30%, è molto probabile che andrà al governo. 

Anche perché uno dei fattori della sua crescita, e di quella di tutte le forze populiste europee, il declino della socialdemocrazia, sembra inarrestabile, spostando i voti dei lavoratori salariati e degli operai dalla sinistra verso le forze nazionaliste. Le elezioni austriache saranno - salvo imprevisti - nel 2017 ma la vittoriosa sconfitta della Fpo avrà effetti immediati.
Non solo in Ungheria e in Polonia sono al governo partiti con le stesse posizioni dell’Fpo, ma il voto austriaco potrebbe avere effetti sul referendum inglese, rafforzando i sostenitori del Brexit. Darà poi certamente una spinta al populista Geert Wilders nelle elezioni dei Paesi Bassi qualche mese dopo. E nel 2017 ci saranno le presidenziali francesi, con Marine Le Pen sempre in testa nei sondaggi: a oggi è improbabile che possa vincere, ma domani? Qual’è infatti il principale messaggio del partito austriaco e di quelli un po’ pigramente definiti “estrema destra” o “populisti” e che in realtà andrebbero chiamati per quel che sono, cioè nazionalisti? Oggi questo messaggio si racchiude in un “no all’Europa”. Un no che, a seconda dei programmi e dei momenti, va dalle promesse di uscire dalla Ue a quelle di abbandonare l’euro. 

L’Fpo per esempio è favorevole a un’area dell’euro del nord, un’ipotesi “moderata”, discussa anche all’interno dei democristiani e persino dei socialisti tedeschi. Un no che non ha, almeno nel caso austriaco, origine economica; il reddito procapite austriaco è il quarto più elevato in Europa, superiore anche a quello tedesco. Sono infatti culturali le ragioni del no: ci si oppone all’immigrazione concepita come invasione e sostituzione dei “nostri” valori con i loro. È un no - in particolare - all’islam. E gli immigrati tanto più sono lontani tanto più fanno paura: è quello che i politologi chiamo “effetto alone". 
 
Non a caso i voti a Hofer sono venuti dalle aree di campagna e dei piccoli centri meridionali, dove la concentrazione di immigrati e profughi è inferiore rispetto alle “grandi” città, che invece hanno votato per Van der Bellen.
L’Europa è quindi vissuta come una forza estranea, desiderosa di imporre non tanto politiche economiche quanto stili di vita e valori estranei all’heimat, alla patria, un termine ricorrente nei discorsi dei dirigenti dell’Fpo. Queste reazioni, di cittadini che non sono né di “estrema destra” né tanto meno “neonazisti”, vanno capite e non demonizzate, come invece da anni si continua a fare, tra l’altro rafforzando i nazionalisti. La Commissione europea dovrebbe poi dare risposte serie e credibili. Ma, a giudicare dalla miopia del suo presidente, entrato a gamba tesa nella campagna elettorale austriaca, su questo c’è da essere poco ottimisti.

 
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