Il leader 'bolivariano' ha preso parte ieri in una piazza di Caracas ad una manifestazione organizzata dal 'chavismo', nella quale si è tra l'altro riferito alla necessità di «radicalizzare la rivoluzione» in campo economico. Maduro si è anche rivolto alle forze armate, alle quali ha ordinato di essere pronte ad «esercitazioni militari», sottolineando la necessità di prepararsi a «qualsiasi scenario» di fronte alle «minacce di intervento» nel paese.
Maduro ha prorogato per altri 60 giorni lo stato di emergenza economica che gli assicura poteri speciali nei confronti del Parlamento controllato dall'opposizione. Ed ha puntato il dito, come tante altre volte, contro gli Stati Uniti su più fronti. In vigore ormai dallo scorso gennaio, lo stato di eccezione ed emergenza economica punta a «sconfiggere il colpo di stato e la guerra economica, in modo di stabilizzare il paese e affrontare le minacce contro la nostra patria», ha sottolineato Maduro, precisando che Washington sta d'altro lato «attivando richieste promosse dalla destra venezuelana».
Ma le mosse di Maduro in queste ore non si fermano qui: ha richiamato l'ambasciatore venezuelano in Brasile, Alberto Castelar, a seguito dell'impeachment contro Dilma Rousseff e l'insediamento del nuovo presidente, Michel Temer, che ha definito «un golpe». Quindi, legando quanto sta avvenendo a Caracas con il caso Brasile, il leader bolivariano ha commentato che l'obiettivo di fondo Usa è quello di «porre fine alle correnti del progressismo in America Latina».
Sullo sfondo di questi annunci resta la grave crisi economica: il Venezuela dà la sensazione di essere sull'orlo di un abisso a causa di un'inflazione inarrestabile, la mancanza di alimenti nei supermercati e il crollo dei prezzi del petrolio. Ma al centro dell'emergenza c'è anche un problema tutto politico, e cioè il braccio di ferro tra Maduro, sconfitto pesantemente nelle elezioni di dicembre, e l'opposizione sul referendum con cui l'antichavismo punta a revocare il mandato del presidente. Lo scontro è totale, mentre la tensione sale a Caracas, Maracaibo e in altre città.
Ieri in una avenida della capitale c'è stata un'ennesima manifestazione dell'opposizione contro le frenate che Maduro sta facendo per rallentare il corso del referendum: in un modo o in un altro, il presidente cerca di farlo fallire, o quanto meno di ridurne l'impatto.
Se infatti la revoca del mandato presidenziale avviene nella prima metà dell'incarico, in questo caso prima di gennaio 2017, si deve andare a nuove elezioni. Nel caso in cui invece si scavalli tale data è solo il presidente a dover lasciare, sostituito dal vice presidente.
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