Roma, il Pd tratta con la sinistra. Salvini apre a M5S, un caso ballottaggio

Roma, il Pd tratta con la sinistra. Salvini apre a M5S, un caso ballottaggio
di Mario Ajello
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Lunedì 16 Maggio 2016, 08:03 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 08:43

Nel Pd, in vista della probabile conferma odierna dell'esclusione al Consiglio di Stato delle liste per Fassina, è scattata l'operazione 3 per cento. Ovvero: prendersi almeno la metà dei voti che i sondaggi attribuiscono al candidato di Sel e Sinistra Italiana. Come fare? «Ora spero in un incontro con Stefano», dice Roberto Giachetti. Intanto è stato subito mobilitato il governatore laziale Nicola Zingaretti, l'uomo che tiene i rapporti migliori con la sinistra-sinistra con cui saldamente governa nel Lazio e ha come vice Smeriglio il vendoliano di peso nella Capitale.

E ancora: si sta pensando a quali nomi attrattivi per gli elettori fassiniani (Fabrizio Barca, Walter Tocci?) inserire possibilmente nella lista degli assessori dell'eventuale giunta Giachetti, che sarà presentata il 21 maggio. Mentre intanto un caso Salvini agita la destra. «In caso di ballottaggio Pd-M5S io voterei la Raggi», ha detto ieri il leader lumbard. Agitanto non poco l'alleata Meloni, tanto da dover a sera precisare che «al ballotaggio andranno Raggi e Meloni».

A sinistra Fassina resiste e fa muro, ma quella parte di Sel che obtorto collo ha appoggiato la candidatura dell'ex viceministro è ben contenta di aprire una trattativa con i dem.

I CONTATTI CON SEL
Il negoziato è così sintetizzato da uno dei big vendoliani di Roma: «Vediamo se ci accordiamo sui municipi e su chi farà l'assessore in quei consessi. A quel punto, il panorama elettorale potrebbe cambiare». E la sinistra-sinistra «baciare il rospo» Giachetti. Tra l'accordo con il Pd e la sparizione dai gangli amministrativi di Roma, dove la sinistra radicale da sempre è molto inserita e ha fatto molta politica di gestione in questi decenni, la prima scelta viene considerata quella meno dolorosa. Anche se viene dato per impossibile che Fassina, quando martedì incontrerà i suoi 400 candidati, farà un piacere a quelli che sono i suoi nemici giurati.
 
«La verità - ragionano nell'entourage di Giachetti - è che Stefano usa logiche nazionali, ossia l'odio per le politiche di Renzi, in un contesto che è quello di Roma su cui dovrebbero valere solo discorsi romani». I sondaggisti dicono in coro che il 2 per cento degli elettori sinistra-sinistra andrà su Giachetti, il 2 per cento su Raggi e il 2 % sul non voto. I dem sono convinti di poter modificare un po' questa ripartizione. Renzi e Giachetti venerdì sera si sono incontrati, per fare il punto sulla campagna elettorale a Roma, ed entrambi hanno convenuto su due punti. Uno: la Raggi giorno dopo giorno, a causa propria e delle difficoltà politico-giudiziarie e interne dei 5 stelle, dà l'impressione di perdere terreno. Due: basterebbe il 2 per cento dei voti che dovevano essere fassinisti per rendere più agevole l'accesso di Giachetti al ballottaggio, visto che la gara si sta giocando sul filo dei numeri con Marchini e Meloni.

La sensazione dei più è che un bel pezzo di Sel abbia già mollato Fassina e una piccola spia sta nel fatto che, all'assemblea con l'ex viceministro che avrebbe dovuto raccogliere i 14 candidati presidenti dei municipi, si sono presentati soltanto in nove. Gli altri stanno cominciando a inseguire Giachetti? Il candidato dem, a proposito di inseguimenti, dopo aver fatto jogging ieri ha detto scherzando: «Io comunque non inseguo Fassina, è troppo più veloce di me». Il quale Fassina ha accusato che «c'è una parte di Sel che vuole un'alleanza subalterna con il Pd» e Gianluca Peciola, vicino a Smeriglio che è vicinissimo a Zingaretti, si è offeso assai: «Queste sono parole offensive». E insomma grandi, si fa per dire, manovre in corso a sinistra.

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