Bertini, l'ex arbitro si tatua la sentenza d'assoluzione sull'avambraccio

Bertini, l'ex arbitro si tatua la sentenza d'assoluzione sull'avambraccio
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Mercoledì 4 Maggio 2016, 18:28
«Annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste». Cass. 24-03-2015. È la scritta che l'ex arbitro Paolo Bertini si è fatta tatuare sull'avambraccio sinistro, a ricordo della vicenda 'Calciopolì della quale ricorre in questi giorni il decimo anniversario. Il tatuaggio - mostrato in occasione di un'intervista a Sky TG24 - per ricordare sempre la propria assoluzione nel processo per lo scandalo che nel 2016 travolse il mondo del pallone. All'inizio di maggio di quell'anno vennero diffuse le prime intercettazioni che coinvolgevano il direttore generale della Juventus Luciano Moggi ed il designatore degli arbitri Pierluigi Pairetto. Il 14 maggio del 2006, dopo aver conquistato lo scudetto, il dg bianconero annunciava in lacrime da Bari il suo addio al calcio.

L'opinione pubblica fu così portata a conoscenza dell'esistenza di quella che fu definita al tempo una 'cupolà capace di indirizzare i risultati del campionato. Lo scandalo travolse anche l'altro designatore, Paolo Bergamo, l'allora vicepresidente della Figc, Innocenzo Mazzini e l'amministratore delegato della Juve, Antonio Giraudo, che proprio oggi è tornato al Foro Italico per incontrare il presidente della Federgolf Chimenti per parlare di manifestazioni sul green. La giustizia sportiva retrocesse la Juventus in B, privandola di due scudetti e pesanti penalizzazioni colpirono Milan, Fiorentina e Lazio. Arbitri e dirigenti - tra i quali Moggi e Giraudo - vennero radiati dal calcio. Meno incisiva e rapida fu la giustizia penale, che cancellò molte posizioni scomode per prescrizione. Nel marzo del 2015 la cassazione annullò quasi tutte le condanne. L'ex arbitro aretino Bertini - ricorda il servizio di Sky TG24 - rinunciò però alla prescrizione che avrebbe cancellato le condanne subite, ma non le accuse di associazione a delinquere e frode sportiva. Ed in Cassazione fu assolto «perchè il fatto non sussiste».

«A prescindere dall'esito finale del processo, la pena l'ho comunque scontata tutta, il massimo della pena - ricorda oggi Bertini - Sono stato estromesso dal mondo arbitrale, ho subito la gogna mediatica.
Per la mia percezione è stato un processo giocato molto di più sui giornali che non in tribunale. Forse perchè viziato fin dall'inizio dall'ombra della prescrizione».
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