L'astrofisico Hawking vicino al premio Nobel, verifica in laboratorio sull'evaporazione dei buchi neri

L'astrofisico Hawking vicino al premio Nobel, verifica in laboratorio sull'evaporazione dei buchi neri
3 Minuti di Lettura
Lunedì 25 Aprile 2016, 19:49 - Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 15:58
Aggrappato alla vita e a una lucida curiosità intellettuale che continua a prevalere sugli impedimenti fisici della malattia, Stephen Hawking potrebbe essere a un passo dall'ultima, grande rivincita. E, chissà, da uno dei pochi riconoscimenti che sino ad oggi gli siano sfuggiti: il premio Nobel.

Merito della giovanile e visionaria teoria secondo cui i buchi neri si dissolvono nel «nulla» - con la storia e la memoria ridotte di fatto a un'illusione - e di una dimostrazione in laboratorio che pare adesso in grado finalmente di convalidarne le intuizioni. A scriverlo è il Times, stando al quale alla teoria «più longeva e più audace» dell'ormai 74enne astrofisico di Cambridge, accolta con scetticismo dalla comunità scientifica 42 anni fa e finora rimasta indimostrabile, sarebbe arrivato il tassello che mancava: una qualche verifica sperimentale.

Un altro scienziato, Jeff Steinhauer, del Technion di Haifa, in Israele, afferma infatti di aver creato un buco nero in vitro, una sorta di piccolo modello da laboratorio attraverso il quale assicura di poter provare ciò che Hawking aveva calcolato in teoria: la sottrazione di energia e materia ad opera di particelle mordi-e-fuggi. Al momento l'annuncio è stato fatto su un sito scientifico e si attende la pubblicazione dei dati completi dell'esperimento su una rivista accreditata. Ma se non salteranno fuori intoppi, questa volta il Nobel a Stephen Hawking - sentenzia il Times - non potrà toglierglielo nessuno. La teoria sui buchi neri, secondo la volgarizzazione che ne fa il giornale londinese, postula che vi siano «particelle infinitesimali» le quali gradualmente «rubano piccole frazioni di energia» ai buco nero a partire dai suoi margini per poi sparire dalla «scena del crimine»; la loro azione fa sì che questo «evapori lentamente nel tempo, vomitando in una esalazione di calore tutta la polvere, la luce e le stelle passate che aveva ingoiato»: verso il nulla, appunto, qualunque cosa significhi.

L'idea fu concepita nel 1974 da un Hawking poco più che trentenne: già colpito un decennio prima dalla diagnosi implacabile della patologia al motoneurone che dagli anni '80 lo avrebbe poi costretto gradualmente all'immobilità su una sedia a rotelle, alla deformazione progressiva del corpo, all'obbligo di comunicare tramite un sintetizzatore.
Intralci che non gli hanno impedito di continuare l'avventura di predestinato della ricerca (lui, nato nel giorno del 300/mo anniversario della morte di Galileo, come ama ricordare), né di diventare una celebrità pubblica, impegnata anche nella politica e nel sociale, e addirittura un personaggio cinematografico: grazie al film del 2014 La teoria del tutto. Negli ultimi anni la sua mente multiforme e inquieta si è rivolta pure a scavare nel mistero della possibile esistenza di forme di vita extraterrestri nell'universo, impegnandosi in un progetto ai limiti del fantascientifico promosso a suon di decine di milioni di dollari dal miliardario russo Yuri Milner per ascoltare le voci delle galassie e immaginare persino un futuro viaggio umano interstellare. Quasi a voler sfidare il precipizio verso il nulla di quei suoi buchi neri che - dopo 40 anni di attesa - potrebbero portargli ora il Nobel.
© RIPRODUZIONE RISERVATA