Alfano: «I giudici perseguano i reati e non contrastino i governi»

Alfano: «I giudici perseguano i reati e non contrastino i governi»
di Alberto Gentili
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Domenica 24 Aprile 2016, 09:20 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 15:37

Ministro Alfano, dopo lo stillicidio di intercettazioni dell'inchiesta di Potenza, ecco l'attacco a testa bassa di Davigo. Si torna allo scontro magistrati-politica?
«Beh... Non lo definirei uno scontro, ma un attacco unilaterale che rompe un periodo molto duraturo che sembrava avere riportato a un livello normale la dialettica tra poteri e ordini dello Stato. Evidentemente, c'è un interesse al conflitto, ma la linea del governo è quella di andare avanti offrendo rispetto e pretendendo rispetto».

La scelta dell'Anm di eleggere Davigo è suonata come una virata bellicista. Lei cosa ne pensa?
«Non mi faccio i fatti loro, anche perché la scelta è del tutto autonoma ed è frutto fresco di un voto, tra i magistrati, che ha visto Davigo fondare una nuova corrente. Questo è stato il mio giudizio. Anche se ora, dovendo riconoscere l'albero dal frutto, non vorrei che nella sua domanda ci fosse un pezzo di verità».

C'è chi pensa sia scattata una crociata per abbattere il governo. Sospetto fondato?
«Questo Paese ha visto troppe volte governi cambiare a causa delle vicende giudiziarie e anche Prodi cadde per l'ingiusto arresto della moglie dell'ex guardasigilli. Questo è un governo di nuova generazione, senza tante biografie longeve e lunghi passati in cui scavare. Ma, a prescindere da ciò, continuo a sperare che i magistrati contrastino i reati e non i governi e che abbiano sempre chiaro il perimetro che la Costituzione assegna alla loro funzione. Nessuno chiede loro di fare di meno, ma nessuno accetterebbe che andassero oltre».
 
L'ex presidente dell'Anm Palamara, Cantone e Bruti Liberati hanno bacchettato Davigo. Non sarà che tra le toghe è in atto un regolamento dei conti?
«Spero un'altra cosa. Spero che tra i magistrati sia chiara la consapevolezza che avviare unilateralmente uno scontro con la politica e i politici non fa bene a nessuno, men che meno alla magistratura».

Renzi in Senato non è stato tenero. Ha parlato di 25 anni di barbarie giudiziarie. D'accordo?
«Mi inchino alla memoria di eroi che hanno perso la vita per contrastare la mafia, la criminalità organizzata, il terrorismo. Altri in questi anni hanno usato la toga per fare carriera. Altri ancora hanno parlato e agito come leader politici. Altri infine hanno intentato processi venendo sconfitti in dibattimento e nessuno ha mai chiesto loro conto di ciò. Ma il fatto stesso che ne stiamo parlando in questa intervista, in Parlamento e nel Paese, è la prova che il problema non è stato risolto».

Di certo, c'è una saldatura tra alcuni giudici, Cinquestelle e la sinistra a sinistra del Pd.
«Alcuni giornali ed esponenti politici giustizialisti andavano alla ricerca di un nuovo leader. Spero che Davigo si sottragga a questo ruolo e che le sue dichiarazioni siano state solo una scivolata d'esordio. Detto questo, garantisti eravamo e garantisti restiamo. Vedo a destra garantisti che sono diventati giustizialisti per andare contro Renzi e, a sinistra, forcaioli che di recente si sono innamorati del principio di presunzione di innocenza. Noi rimaniamo dove siamo sempre stati: le leggi siano anche severe, ma il processo sia giusto, cioè rapido, con accusa e difesa che hanno gli stessi poteri di fronte a un giudice, terzo e imparziale, che sta sopra entrambe».

Il bersaglio di questa offensiva è il referendum costituzionale d'ottobre, quello cui Renzi ha legato il proprio destino politico?
«Non ho accettato la tesi che l'inchiesta di Potenza fosse per il referendum sulle trivelle e, anche da ministro dell'Interno, non posso accettare che le inchieste vengano utilizzate contro il governo come le banderillas vengono usate contro il toro e men che meno che i toreri siano i pm. Le nostre istituzioni non sono una corrida».

I media intanto continuano a essere pieni di colloqui intercettati, ma senza rilevanza penale. Farete la riforma delle intercettazioni per tutelare la privacy.
«La vera separazione delle carriere è quella tra alcuni pm e alcuni giornalisti. Ho personalmente subito una violentissima campagna durata anni, con libri, editoriali, trasmissioni e slogan ossessivamente ripetuti per impedirmi di far rivivere l'articolo 15 della Costituzione sulla inviolabilità della segretezza delle comunicazioni personali. Spero, da ministro dell'Interno, di realizzare quel risultato che ancora considero una incompiuta del nostro sistema democratico».

Con quali contenuti?
«Non vogliamo depotenziare le intercettazioni come mezzo di ricerca della prova, ma difendere la privacy, rispettando le persone che non sono coinvolte nelle indagini e anche quelle coinvolte in riferimento ad aspetti non inerenti le indagini stesse».

Però la riforma delle intercettazioni è una legge delega inserita nella riforma del processo penale che voi frenate. Perché?
«Noi freniamo? Non scherziamo! Noi siamo pronti, lo siamo sempre stati, poi è chiaro che se non condividiamo qualche aspetto su qualche altro argomento inserito nello stesso provvedimento, nessuno può impedirci di dirlo».

Intende la prescrizione, si troverà un'intesa?
«Speriamo. Del resto, abbiamo già dato il nostro sostegno in Consiglio dei ministri (pur con delle riserve su problemi che auspichiamo di superare in Senato) e alla Camera. Però sia chiaro: siamo per l'estensione di alcuni termini di prescrizione, ma non per la prescrizione eterna. Esiste un diritto del cittadino a essere giudicato entro un tempo ragionevole: se ti indagano a 40 anni e ti assolvono a 80 anni, l'assoluzione ti serve solo per la lapide sulla tomba: “Cittadino italiano onesto, ha vissuto da indagato ed è morto da innocente”. Insomma, non esiste un diritto dei singoli magistrati o del “sistema giustizia” ai processi lumaca».

Il Ncd punta i piedi anche sulla legittima difesa. Qual può essere il punto d'intesa?
«Dobbiamo rispondere al bisogno di sicurezza dei cittadini, diciamo no alla giustizia Far West o fai da te. Ma non possiamo chiudere gli occhi rispetto alla necessità di andare incontro a questo bisogno che a volte significa protezione non solo di se stessi, ma anche dei propri familiari, talvolta dei bambini».

A Roma il centrodestra è nel caos. La soluzione per uscirne può essere il ticket Marchini-Bertolaso?
«Nel centrodestra non c'è alcun caos. La destra lepinista anti europea ed estremista ha il proprio candidato: Giorgia Meloni. E tutta l'area civica, liberale, moderata, ha il suo al di fuori dei partiti: Alfio Marchini. Il problema è solo di Forza Italia che deve scegliere tra queste due opzioni che saranno, pari pari, le stesse anche in futuro. O si sta nell'area del popolarismo europeo, o in quella dell'estremismo lepenista. Poi se lei mi chiede qual è il mio auspicio, le dico che spero davvero che FI faccia la scelta a favore del popolarismo: sarebbe un segnale molto importante per l'oggi e per il domani».

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