UNA CITTA' NEL PALLONE
L'Aquila, la crisi di calcio e rugby:
lo sport sul viale del tramonto?

Pallone in bilico (Foto Vitturini)
di Stefano Dascoli
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Martedì 19 Aprile 2016, 16:40 - Ultimo aggiornamento: 16:41
L'AQUILA - Il paradosso è evidentissimo: mai prima d’ora L’Aquila ha potuto beneficiare di così tanti impianti sportivi, molti dei quali di eccelsa qualità; mai prima d’ora ha visto transitare sul proprio territorio risorse finanziarie così ingenti. Poche volte prima d’ora, però, si è trovata alle prese con una crisi così profonda delle massime espressioni sportive. Sono giorni molto bui, questi. Il rugby dei cinque scudetti è a un passo dalla retrocessione dal più importante campionato nazionale, l’Eccellenza, alla serie A; il calcio sta lottando per evitare di tornare nei dilettanti; una società modello come l’Amiternina è con un piede in Eccellenza. E così la città con il più alto Pil pro capite d’Abruzzo (dato 2014, 22.178 euro), il famigerato e molto enfatizzato cantiere più grande d’Europa, quello da sei miliardi di euro di lavori, sembra infischiarsene dei suoi simboli, quelli che dopo il sisma erano riusciti a riaggregare la popolazione. L’Aquila calcio ha una media di 1.052 spettatori (fonte stadiapostcards.com), ma in realtà nel girone di ritorno non si sono mai visti più di 7-800 sugli spalti. Un tracollo vero e proprio che origina dall’inchiesta sul calcioscommesse e dal pessimo girone di ritorno della stagione scorsa. Stessi numeri, più o meno, per la pallaovale che invece ha fatto registrare un lieve aumento.

LA CLASSE DIRIGENTE
Il sindaco Massimo Cialente è più che rammaricato: «Sono molto preoccupato. All’Aquila ho visto poca gente affiancare le realtà sportive. In tanti stanno guadagnando tantissimi soldi: parlo spesso con le banche, tante categorie stanno avendo notevoli profitti. Qui siamo stati molto generosi a far entrare imprese da tutta Italia. Ma in generale il ruolo sociale di questo tessuto è mancato completamente. Basta vedere le sole 13 adesioni al fondo etico promosso dall’Ance. E poi il rugby, ad esempio: con soli 200 mila euro in più si sarebbe fatto un campionato di media classifica. La politica? Ha fatto tutto ciò che poteva nei limiti di norme e leggi. Il fondo etico l’ho inventato io. Quando la ricostruzione sarà finita si sapranno nomi e cifre incassata da ognuno».

IL SIMBOLO
Salvo miracoli L’Aquila abbandonerà la massima serie del rugby. La città dovrebbe davvero fare il mea culpa: il budget di questa gloriosa società è stato di appena 500 mila euro, a cui vanno sottratti i contributi federali. Possibile che non si è riusciti a fare di più? «Serve una riflessione seria - dice il presidente Mauro Zaffiri -. Noi abbiamo provato a fare una programmazione diversa, con un bel gruppo di giovani e seguiteremo a lavorare su quello. Per ora il risultato è negativo, ma la valutazione finale la faremo tra due anni». Anche per Zaffiri il problema è tutto lì: scarse risorse. «L’economia locale non poteva reggere l’impatto del terremoto - dice -. Sono entrate aziende da fuori che hanno altri interessi. La politica, intesa complessivamente, si è trovata impreparata a gestire questa situazione. Le risorse sono arrivate poche e male, forse quando non servivano. Io ringrazio gli imprenditori, maggiormente aquilani, che comunque ci hanno supportato. Ma non sono sufficienti. I presupposti per un rugby di alto livello ci sono, mancano i soldi». La domanda è fin troppo scontata: possibile che un territorio che muove un miliardo di euro l’anno di lavori non trovi un milione di euro per il suo sport simbolo?

LA SOCIETA’ MODELLO
Un altro caso simbolico è quello dell’Amiternina. Società modello, conti in ordine, grande attenzione ai giovani, un territorio, Scoppito, molto ricco. Potrebbe non bastare. «Sono mancati 3-4 giocatori di qualità - dice il presidente Antonio Papponetti - che costano 20-30 mila euro l’uno. Come fare se domenica, abbiamo staccato 22 biglietti per 220 euro d’incasso? Nel territorio ci sarebbero risorse economiche, ma evidentemente la mente degli aquilani pensa ad altro rispetto alla crescita e allo sport. Ognuno si sta ritagliando spazi di vita e un modo diverso di andare avanti. Scoppito è un territorio vasto, bastavano mille euro per ognuno degli operatori economici per fare dell’Amiternina una grande realtà. Invece abbiamo un budget di 300 mila euro su cui il territorio incide per meno del dieci cento». 
E che dire del caso dei casi? L’Aquila calcio dei costruttori, dei grandi appalti, dei budget milionari, del nuovo stadio senza barriere? A più riprese il presidente Chiodi e il suo vice Mancini hanno cercato di coinvolgere maggiormente la città. Senza grossi esiti. Tanto che quest’anno la società ha dovuto operare una sforbiciata ai costi. E ora è alle prese con una lotta salvezza che non riguarda solo il piano strettamente sportivo. Perdere il calcio professionistico sarebbe una sciagura per tutti.
 
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